«Chi meno sa, meno ha. Necessaria una sanità di iniziativa per una corretta informazione delle notizie sensibili legate alla salute». Così marzia Sandroni (Usl Toscana sud-est) a Sanità Informazione a margine del corso “Comunicare il fenomeno delle diseguaglianze di salute: opinioni a confronto” erogato dall‘INMP (Istituto Nazionale salute, Migrazioni e Povertà)
La salute diseguale rappresenta una delle maggiori criticità del contesto attuale, nel quale si rileva un generale miglioramento delle condizioni di salute dei cittadini ma anche una accentuata persistenza delle disuguaglianze tra classi sociali a svantaggio dei soggetti più poveri, con conseguente peggioramento delle condizioni di salute delle fasce più fragili: stranieri e soggetti con basso livello d’istruzione e reddito.
Tra le principali cause, il mancato accesso alle cure preventive e agli strumenti a disposizione del cittadino, spesso sconosciuti. Necessario dunque intervenire con soluzioni concrete in termini di welfare ma soprattutto attraverso una adeguata comunicazione delle notizie sensibili legate alla salute.
Come farlo? Risponde ai microfoni di Sanità Informazione Marzia Sandroni, responsabile della comunicazione delle aziende associate a Federsanità Nazionale.
Dottoressa Sandroni, nell’ambito della comunicazione oggi è necessario fare particolare attenzione al contenuto e alla forma delle notizie riguardanti le diseguaglianze di salute, quali sono i rischi maggiori?
«Il maggior rischio è quello che corrono i giornalisti nel cercare la notizia e nel non dare la notizia. Dare la notizia significa essere corretti, aver validato le fonti, mettere in atto tutti quei criteri di un buon giornalismo. Purtroppo, questo trova l’ostacolo delle finalità commerciali di vendita di un giornale, che tendono molto spesso a rincorrere il paradigma più diffuso nella popolazione quindi a cercare quella notizia più stuzzicante, che non sempre però tiene conto della giustezza e correttezza dell’informazione, creando invece delle narrazioni che producono paura, diffidenza e inutili attese nei confronti di fasce della popolazione che rappresenterebbero altresì una risorsa per il nostro paese».
Cosa si può fare per tutelare le fasce più fragili ed evitare disuguaglianze di salute?
«Si può recuperare quello che diceva Aristotele: ethos, pathos, logos quindi quelle tecniche di comunicazione che sono capaci di rendere più appetibili anche le notizie naturalmente meno piacevoli. Noi sappiamo bene che uno dei maggiori stigmi del nostro tempo è la cronicità delle malattie e che le persone che meno accedono alle cure sono le fasce più fragili, quelle che hanno un livello di scolarizzazione più basso e un livello economico meno elevato. Sono le fasce di popolazione che arrivano in pronto soccorso, che non conoscono l’esistenza di un medico di famiglia e che, proprio perché accedono quando già acute, perché non conoscono il valore della prevenzione o perché noi non siamo riusciti a fare una sanità di iniziativa, arrivano quando sono più gravi e quindi costano di più. In quel momento, proprio perché noi non siamo stati capaci di prenderli in cura, diventano un costo».