In vista della Giornata mondiale della fibromialgia, il Comitato Fibromialgici Uniti – Italia chiede maggiori politiche a sostegno dell’inclusione delle persone che convivono con dolore cronico. Si stima che il 21,7% della popolazione italiana soffra di dolore cronico, per un totale di circa 13 milioni di persone
«E’ necessario ampliare l’inclusione delle persone che convivono con dolore cronico». E’ l’appello lanciato dal Comitato Fibromialgici Uniti – Italia, in vista della Giornata mondiale della Fibromialgia, che si celebra il prossimo 12 maggio e per la quale è stato organizzato un incontro a Roma con pazienti, medici e stakeholder. Si stima che il 21,7% della popolazione italiana soffra di dolore cronico, per un totale di circa 13 milioni di persone. Il 41% dei pazienti con dolore cronico dichiara di non aver ricevuto un adeguato controllo del dolore. «Questo determina una grande inefficacia ed inappropriatezza dei processi di cura, con un conseguente peggioramento della salute e incremento della spesa corrente», spiega Cfu-Italia Odv.
I soggetti con patologie croniche a lungo termine sono spesso giovanissimi e giovani adulti, donne in età fertile e persone con esigenze normali: andare a scuola, lavorare, fare sport. Attività che possono svolgere con supporti e ausili. «Di recente abbiamo letto le storie di giovani pazienti ostacolati nei loro progetti da barriere fisiche o burocratiche. Un bambino con sindrome di Down ha dovuto lasciare la propria squadra nel passaggio all’agonismo», ricorda Barbara Suzzi, presidente di CFU Italia Odv. «Una ragazza di 14 anni con un osteosarcoma che le imponeva l’utilizzo di sedia a rotelle, ha dovuto rinunciare a studiare grafica per barriere all’accessibilità degli istituti: ascensore rotto da anni e un montacarichi inutilizzabile».
«Nelle persone con fibromialgia – spiega l’associazione dei pazienti – queste avversità sono particolarmente sentite: la società non ha ancora metabolizzato il concetto di ‘accessibilità e inclusione’. Le difficoltà riguardano ogni aspetto della vita. Perdita del lavoro, incompatibilità con le esigenze scolastiche per non parlare di chi ha dovuto abbandonare l’agonismo sportivo». Da qui la decisione di lanciare un appello a prevedere maggiori politiche di inclusione. «Il Paese deve garantire pari opportunità di inserimento scolastico, sportivo e lavorativo non solo dei sani, ma anche dei cronici», dice Cfu. «Questa possibilità non è una concessione ma una priorità che ha effetti positivi anche sulla salute mentale, qualità della vita, minore uso di farmaci». L’appello è rivolto alle strutture che accolgono persone con malattie croniche o caratterizzate dal dolore: informare gli altri dipendenti dell’impatto della malattia sulla vita professionale della persona, rinforzare le competenze per gestire la complessità delle relazioni tra le persone, applicare ogni adattamento ragionevole per migliorare le condizioni di lavoro e se possibile, creare una rete di supporto reciproco.
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