Numeri in crescita per effetto del long Covid: 21% dei malati non sa a chi rivolgersi e il 33% prima di arrivare ad un centro specializzato segue terapie improvvisate. Il documento presentato in Regione Lazio aiuta a riconoscere i sintomi e stabilire una cura per abbassare i costi del servizio sanitario nazionale con la medicina del dolore
Riconoscere e curare il dolore cronico, reso ancor più debilitante dopo la pandemia, è l’obiettivo che si pone il manifesto presentato questa mattina in occasione del tavolo tecnico di Regione Lazio organizzato da Fondazione Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere, e realizzato con il contributo incondizionato di Sandoz. Pur essendo stato riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come uno dei problemi di salute pubblica più diffusi, in realtà pochi ancora sanno come curare il dolore cronico che denunciano anche con due anni di ritardo dalla comparsa dei primi sintomi, mentre sono addirittura il 40% le persone che ne soffrono, ma non sono a conoscenza delle cure disponibili. Numeri alla mano, ad essere interessati dal dolore cronico sono tutte le fasce di età con prevalenza del gentil sesso (una su cinque ne soffre), mentre dall’insorgenza della malattia al momento della diagnosi e soprattutto della cura trascorrono in media sette anni, un lasso di tempo che va a gravare su quelle che sono già conseguenze invalidanti da un punto di vista fisico, psichico e socio relazionale.
Nonostante siano passati più di dieci anni dall’approvazione della Legge 38 che riconosce il dolore cronico come una patologia da trattare in centri di cura, in realtà l’assistenza per quanti sono affetti da questa patologia risulta essere inadeguata. Il 21% dei malati non sa a chi rivolgersi e il 33% prima di arrivare ad un centro specializzato segue terapie improvvisate e consulta dai tre ai sette specialisti senza ottenere alcun risultato.
Alle cure spesso ritardate e poco mirate sui singoli pazienti, si aggiungono i costi sociali ed economici pro capite che superano i 4mila euro l’anno così ripartiti: 1.400 euro a carico del Servizio sanitario nazionale e 3mila sul paziente conteggiati sulla perdita di produttività e di ore lavorative.
Considerando che il 90% dei casi sarebbe trattabile e curabile, se fosse riconosciuto per tempo, è evidente e indispensabile fare formazione e informazione sul dolore cronico per facilitare un accesso tempestivo ai percorsi di diagnosi e cura. A sottolineare questo aspetto, durante il tavolo tecnico, è stata la stessa Presidente di Fondazione Onda, Francesca Merzagora, che ha commentato: «La pandemia da Covid ha aggravato ancor più la situazione, ritardando diagnosi e non permettendo la continuità delle cure nei pazienti a cui la malattia era già diagnosticata, ma ha fatto emergere una nuova modalità di dolore cronico sviluppato come effetto long Covid-19».
A tutti pazienti che hanno perso troppo tempo per capire la patologia ed individuare il percorso di cura, e per tutti coloro che hanno sviluppato una forma di dolore cronico post Covid, una risposta concreta arriva dal “Manifesto sul dolore. Le proposte per una migliore gestione dei pazienti con dolore cronico”, documento promosso dall’Associazione Italiana per lo studio del Dolore, Cittadinanzattiva, Federdolore, società Italiana dei Clinici del Dolore, Fondazione ISAL, Fondazione Onda, SIAARTI (società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva) e SIMG (Società Italiana di Medicina Generale e delle cure primarie) per promuovere azioni efficaci e raccogliere informazione sui pazienti, creare una rete di clinici, definendo a livello nazionale percorsi di cura e programmi di formazione continua e aggiornata del personale medico al fine di promuovere la cultura del dolore cronico, attraverso una corretta informazione sulla malattia e sulle effettive possibilità di cura. «E’ una condizione che va ad incidere sullo stato di salute generale, ovvero psicofisico e sociale – ha spiegato Silvia Natoli, professore associato in anestesia e rianimazione dell’Università Tor Vergata di Roma -. Per questo è essenziale che venga riconosciuta la medicina del dolore, ovvero una disciplina che integra percorsi di diagnosi, riabilitazione, gestione personalizzata di terapie mediche e chirurgiche più o meno invasive».
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