Con il prof. Guido Rasi nel secondo appuntamento della rubrica analizziamo i vantaggi della somministrazione di massa con vaccino AstraZeneca e parliamo di come un’iniziale percezione negativa del prodotto abbia portato a rifiuti poco ponderati
La campagna vaccinale stenta a decollare e dopo una prima fase di entusiasmo si è vista una brusca frenata, causata dai ritardi nelle consegne ed alcune inefficienze della macchina organizzativa. Ma proviamo ad analizzare gli strumenti che abbiamo a disposizione. Oggi abbiamo tre vaccini, l’ultimo arrivato è quello a vettore virale, prodotto da AstraZeneca (AZ) che si presenta con con tanti interrogativi, con uno sviluppo travagliato ma con alcune caratteristiche importanti.
Alla fine della fase sperimentale ha dimostrato una capacità di prevenzione del 100% della malattia grave causata dall’infezione da Sars-CoV2 (Covid-19), cioè la capacità di prevenire la morte e l’ospedalizzazione in tutte le fasce di età, al pari degli altri vaccini attualmente autorizzati, Pfizer-BioNTech e Moderna. Al momento dell’approvazione non vi erano ancora dati definitivi circa la prevenzione delle forme leggere e gli unici dati consolidati riportavano un’efficacia del 60% nei soggetti fino a 55 anni di età. Nulla si sapeva invece a riguardo della prevenzione della trasmissione, così come per gli altri due vaccini approvati.
Tuttavia altre due caratteristiche fanno del vaccino AstraZeneca uno strumento fondamentale per conseguire obiettivi strategici. La prima è la possibilità di conservarlo in un frigorifero comune fino 6 mesi, la seconda è di somministrare la seconda dose dopo 3 mesi. Inoltre è indicato per tutti i soggetti con più di 18 anni, come specifica l’Ema al momento del rilascio dell’autorizzazione.
In altri paesi nel frattempo il vaccino è già stato utilizzato estensivamente. In Scozia dove i 5 milioni di abitanti sono stati tutti vaccinati i risultati preliminari (ancora da validare) indicano che il vaccino AZ previene il 94% delle ospedalizzazioni nella popolazione generale e l’81% negli ultraottantenni già quattro settimane dopo la somministrazione della prima dose, mentre il vaccino Pfizer ha ridotto il rischio di ospedalizzazione dell’85% (sempre a quattro settimane). Il profilo di sicurezza è risultato altissimo per tutti e due i vaccini.
La pandemia che ci sta colpendo è causata da un virus con alta letalità e che con un’intensità critica di ricoveri ospedalieri e ricorso alle terapie intensive. Avendo una disponibilità limitata di vaccini sembra dunque logico allocare le risorse in maniera strategica ed il primo obiettivo non può che essere quello di ridurre ospedalizzazioni e decessi. Il vaccino AZ, in base alle caratteristiche illustrate, realizzerebbe il massimo potenziale nelle mani dei medici della medicina generale e somministrato alla popolazione più vulnerabile.
Questa è stata ampiamente individuata, anche dalla Fimmg stessa, ed è costituita dagli ultraottantenni e dalle persone con patologie respiratorie, cardiocircolatorie, oncologiche e con condizioni neurologiche e disabilità (fisica, sensoriale, intellettiva, psichica), diabete o altre endocrinopatie severe, fibrosi cistica, insufficienza renale o altra patologia renale ed infezioni quali l’HIV. Gli altri vaccini, che presentano maggiori difficoltà logistiche, derivanti dalla necessità di essere conservati a -70°C, possono essere distribuiti con altri criteri strategici, quali le comunità con alto potenziale di trasmissione.
Il nuovo piano vaccinale nazionale prevede invece la somministrazione del vaccino AZ per chi ha tra i 18 e i 65 anni ed è in buona salute mentre i vaccini Pfizer e Moderna sono stati destinati al personale sanitario, agli over 80, ed alle categorie “estremamente vulnerabili” indipendentemente dall’età. Quindi secondo il nuovo piano vaccinale AZ diventerà la vera e propria vaccinazione di massa.
Con questa decisione e con la iniziale limitazione di poter essere somministrato solo fino ai 55 anni, senza fornire alcuna spiegazione per nessuna delle due decisioni, è stata generata una percezione sbagliata e molte persone, nonostante le tardive rassicurazioni, lo rifiutano nella convinzione che sia un vaccino meno efficace o meno sicuro.
Come abbiamo visto i dati “dal mondo reale” ci indicano invece che abbiamo tre strumenti formidabili e di pari efficacia e sicurezza e che l’unico criterio per il loro utilizzo rimane quello dettato dalla logistica. Va inoltre considerato come sfruttare la caratteristica che la seconda dose di AZ possa essere somministrata dopo tre mesi senza correre rischi che perda efficacia.
Siamo in una terribile emergenza, dobbiamo sbrigarci a correggere la comunicazione, anche avendo la grande opportunità dei nuovi dati derivanti dell’uso sul campo. Siamo già costretti a subire intoppi e ritardi, peraltro previsti, annunciati ed indipendenti dalla nostra volontà quali le mancate consegne, ma aggiungerne di inutili senza base razionale, non supportate dall’evidenza scientifica ed in contraddizione con le raccomandazioni autorità regolatoria (Ema) non ce lo possiamo permettere.
Sì! Io il vaccino AZ lo farei e lo desidererei anche per i miei famigliari con condizioni di vulnerabilità e…diversamente giovani!