Il presidente di Assosistema Marco Marchetti: «Dal governo non c’è nessuna indicazione sulle scorte o sulla necessità di mantenere qui o in Europa una certa quantità di Dispositivi di protezione». Poi chiede ai ministri della Salute e dell’Ambiente di spingere sui Dpi riutilizzabili
«In questi mesi le aziende di Assosistema hanno messo a disposizione 27 milioni di Dpi, la domanda è decuplicata. Purtroppo ad oggi non vediamo una programmazione seria e lungimirante da parte della Pubblica amministrazione in questo settore». Marco Marchetti, presidente di Assosistema (la sezione di Confindustria che raggruppa le imprese di produzione, distribuzione e manutenzione dei Dispositivi di protezione individuale) ha il pregio di parlare chiaro. Alla domanda “siamo pronti sotto il profilo dei Dpi per una nuova eventuale ondata pandemica?”, tira un lungo sospiro.
«Speriamo che qualcuno si stia adoperando allo scopo, però al momento non abbiamo segnali molto positivi – spiega Marchetti a Sanità Informazione -. Prendiamo spunto da quello che abbiamo fatto, sicuramente avremo una situazione italiana migliore dal punto di vista delle scorte. Le nostre aziende stanno producendo molto anche per altri mercati in questa fase: ad esempio una nostra associata multinazionale ha deciso di investire anche in Italia spostando quattro linee produttive nel nostro Paese, sfruttando gli incentivi. Solo che ora si trovano ad avere assunto 350 persone per una produzione mensile di tre milioni di Ffp2 – Ffp3, ma al momento dal governo non c’è nessuna indicazione sulle scorte o comunque sulla necessità di mantenere qui o in Europa una certa quantità di mascherine».
«Il rischio è che, se non si interviene con la programmazione, queste produzioni saranno destinate a rispostarsi in un altro Paese e, nella malaugurata eventualità di altre emergenze epidemiche, avere una situazione complicata. È fondamentale il piano anti-pandemia. Ed è chiaro che noi siamo uno Stato dell’Unione europea, quindi mi piacerebbe che ci fosse un piano europeo per alcuni prodotti strategici, poi dei piani nazionali e dei piani regionali».
Il settore vive, come ovvio, una stagione importante. Sono più di 30 le imprese associate ad Assosistema produttrici e distributrici di Dpi in Italia (in particolare camici, mascherine Ffp2 e Ffp3, ma non le mascherine chirurgiche). Si tratta di un settore che ormai in molti ritengono ‘strategico’ perché, come purtroppo accaduto nel picco della pandemia a febbraio e marzo, la carenza di Dpi è un fattore che può compromettere una risposta efficace a una qualsiasi pandemia.
«In Italia le imprese che producono e distribuiscono ci sono, ma a febbraio è mancata una puntuale pianificazione nella strategia di approvvigionamento – spiega ancora il presidente di Assosistema -. Non c’era assolutamente nulla di tutto questo. Dobbiamo capire cosa si intende per carenza: se essa è dovuta a una difficoltà di reperibilità o se invece dipende dalla programmazione, compresi i piani anti-pandemia».
«Siamo la seconda manifattura in Europa, ma siamo il quarto Paese in termini di produzione dei Dpi, il che significa che la cultura della sicurezza non è ancora così diffusa e la pandemia non ha fatto altro che enfatizzare la situazione. In ogni caso teniamo conto che in Italia ci sono le aziende che producono e distribuiscono, ma non sono tantissime, perché nel tempo per via del costo del lavoro, del prezzo degli appalti e dell’esigenza di avere prezzi sempre più bassi molti produttori italiani si sono trovati in difficoltà. Adesso la speranza è che vengano stabiliti quali siano i prodotti strategici. Questi Dpi sono strategici e vanno fatti dei piani di intervento seri».
Il tema della programmazione non è l’unico su cui si sta battendo Assosistema. Sul tavolo c’è anche la sostenibilità ambientale: tutti abbiamo visto quanto i Dpi monouso possano essere difficili da smaltire.
«Siamo passati dal Green New Deal dell’autunno alla pandemia di Covid che ha ribaltato tutta una serie di avanzamenti sull’utilizzo massiccio di prodotti monouso che vengono prodotti nei Paesi del sud-est asiatico. Li usiamo una sola volta e poi li immettiamo nelle discariche o negli inceneritori, con tutti i problemi di classificazione di quel tipo di rifiuto» sottolinea Marchetti.
Per questo Assosistema ritiene che, a parità di prestazione, anche nei Dpi bisognerebbe preferire sempre il prodotto riutilizzabile: «Porta dei vantaggi dal punto di vista ambientale e sociale. Rendere riutilizzabile un prodotto vuol dire avere manodopera italiana che lavora e meno discarica, meno inceneritore. Purtroppo però l’amministratore di una struttura ospedaliera si approccia con il costo. Non tiene conto dell’impatto sociale e ambientale».
Per questo Marchetti chiede l’intervento del ministro della Salute Roberto Speranza e del ministro dell’Ambiente Sergio Costa: «Dovrebbero dare una indicazione di massima secondo cui, a parità di caratteristiche, gli acquisti della Pa e della sanità debbano privilegiare il riutilizzabile. Avremmo un risparmio di 300 tonnellate di CO2 e più posti di lavoro».
Purtroppo il tentativo di Assosistema sui camici non ha prodotto i risultati sperati: «Abbiamo chiamato a raccolta i professionisti italiani della produzione di camici e siamo riusciti a capire se potevano riportare in Italia una parte della confezione di questi prodotti tessili che venivano fatti normalmente all’estero. Abbiamo creato due modelli di camici idonei alla protezione degli operatori sanitari dal Covid e abbiamo proposto questi due nuovi modelli alla Protezione civile e ad alcune regioni. Abbiamo garantito la presenza di lavanderie industriali specializzate nel poter ripristinare le condizioni d’uso di questi camici con delle schede idonee. La risposta della Protezione civile è stata “preferiamo il monouso perché lo diamo e poi non rispondiamo più noi, così il problema finisce lì”. Se questa visione delle cose non cambia saremo sempre dipendenti da questi prodotti monouso ma il lavoro, la manodopera e l’ambiente non saranno salvaguardati».
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