Il parere del neuropsichiatra: «Troppi invii per DSA e ADHD dipendono da una scarsa igiene del sonno»
Dormono poco, dormono male, si svegliano peggio. I disturbi del sonno dilagano tra bambini e adolescenti, uniti alla scarsità di ore di riposo in relazione all’età, e impattano drammaticamente sul rendimento scolastico e sulla capacità di gestire la vita quotidiana. Da un’indagine della Fondazione Novella Fronda di Padova del 2016, in Italia il 13,5% dei piccoli sotto i 3 anni e l’11,9% di quelli tra 3 e 5 anni dorme meno delle ore indicate. Mentre una ricerca del 2021 uscita su Nature human behaviour riporta che più della metà degli adolescenti (14-17 anni) riposa meno di 8-10 ore per notte. E i risultati si vedono: non solo dai colpi di sonno e da una scarsa attenzione in classe, ma da un aumento dell’aggressività, fino ad arrivare nei casi più estremi di conclamata fragilità, ad un aumento del rischio depressivo, suicidario e allo sviluppo di dipendenza da droghe. Ma cosa è cambiato negli ultimi anni che ha scalfito così profondamente il rapporto tra i giovanissimi e il sonno? Con quali conseguenze? Ci ha risposto il dottor Fulvio D’Amico, neuropsichiatra infantile, Responsabile IPAS Psichiatria e Psicofarmacologia dell’Età evolutiva presso l’AOU “Luigi Vanvitelli” della Campania.
«Il problema va distinto in base a due fenomenologie. La prima – spiega D’Amico – è quella relativa alla reattività di adattamento di bambini e adolescenti ai nuovi stili di vita imposti dalla società: i minori sono stati investiti dalla tecnologia, dai videogame ai social network fino ad arrivare alla DAD, che danno vita ad un incremento dell’attività cerebrale del sistema reticolare, quello che regola la funzione attentiva. Gli studi stanno cercando di dimostrare l’effettiva correlazione tra uno stimolo visivo continuativo o iperconnessione e l’alterazione del ritmo sonno veglia. In particolare la DAD – sottolinea – nel periodo del suo ricorso massivo quindi durante il lockdown, ha determinato in aggiunta una alterazione del ritmo sonno veglia e della routine ad essa correlata. I bambini passavano spesso direttamente dal letto alla lezione a distanza a volte con ancora il pigiama indosso, e mediamente andavano a letto più tardi perché la mattina potevano bypassare i tempi di preparazione e tragitto casa-scuola».
«Altro discorso – afferma il neuropsichiatra – è invece il disturbo del sonno correlato alla psicopatologia. Negli adolescenti l’estrema alterazione del ritmo circadiano può essere spia di un disturbo dell’umore, o di uno stato maniacale di tipo depressivo, che in primis afferiscono alla sfera psichiatrica di per sé, ma soprattutto sono un campanello d’allarme per potenziali intenti suicidari».
«Le ripercussioni neuropsicologiche di una scarsa igiene del sonno – spiega ancora D’Amico – riguardano le funzioni attentive e la memoria di lavoro. Pensiamo al colpo di sonno: uno stimolo incoercibile che, indipendentemente dal grado di interesse che l’attività che stiamo svolgendo riveste nei confronti del nostro sistema attentivo, ricade nella sfera del cervello primitivo che regola i nostri stimoli fisiologici. Per quanto riguarda la memoria di lavoro, la capacità del nostro cervello di creare ed elaborare connessioni tra le informazioni, questa sicuramente risente della scarsità di sonno al punto da configurare problemi di apprendimento. I DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento) e la sindrome ADHD (Disturbo da Deficit dell’Attenzione e Iperattività) sono malattie neurobiologiche – sottolinea – ma oggi molti casi di invio a valutazione specialistica per sospetto DSA o ADHD risentono in realtà dell’aspetto sociologico, della difficoltà a livello scolastico e sociale ad accettare e gestire comportamenti o carenze che sebbene si discostino dall’atteso non superano la soglia della patologia. E che, in molti casi – osserva lo specialista – sottendono a una scarsa igiene del sonno, a scorretti input genitoriali, a stili alimentari inadeguati (eccesso di carboidrati e squilibri metabolici che incidono a livello neurologico) e ad un abuso di tecnologie digitali».
«La somministrazione regolare di melatonina, nelle dosi e nei tempi indicati, è sicuramente un alleato per regolare il ritmo circadiano e migliorare la qualità del sonno. Assolutamente da evitare invece, in assenza di condizioni psichiatriche che ne giustifichino il ricorso terapeutico, l’utilizzo delle benzodiazepine – conclude – che creano assuefazione generando un pericoloso circolo vizioso».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato