Salute 21 Settembre 2021 10:16

È la Giornata dei malati di Alzheimer, ma le loro sono storie di tutti i giorni

Vivono in un mondo di contraddizioni e salti temporali. La psicologa: «Maria cerca la sua casa, ma non sa quale sia. Carla non riesce a dar voce ai suoi pensieri. Giorgio non comprende ciò che gli viene detto»

di Isabella Faggiano

Vogliono tornare a casa, ma non sanno più quale o dove sia. Si riconoscono nelle vecchie foto, ma non in immagini recenti che li ritraggono anziani. Ricordano di avere dei figli, ma non che sono diventati degli uomini o delle donne. È un mondo di contraddizioni quello che i malati di Alzheimer hanno di fronte ai propri occhi: il loro corpo è nel presente, mentre la mente oscilla ininterrottamente tra il qui ed ora e il passato.

Malati Alzheimer, una similitudine per percepire la loro realtà

«Immaginate di trovarvi in un enorme centro commerciale, in un paese straniero, dove non avete mai messo piede prima. Le insegne sono incomprensibili, così come la lingua parlata da chi vi circonda. Girate e rigirate, faticate per orientarvi o per cercare ciò di cui avete bisogno. Così, rientrando a casa, vi sentite esausti, sia fisicamente, che mentalmente. Stordito, confuso: è così che un malato di Alzheimer si sente quotidianamente, anche compiendo le azioni più consuete, come comprare il pane dal fornaio sotto casa, lo stesso da 40 anni».

Letizia Villa, psicologa del Paese Ritrovato, un piccolo villaggio autosufficiente che accoglie persone affette da demenza, in occasione della Giornata Mondiale dell’Alzheimer, che si celebra il 21 settembre, racconta il mondo che osservano e che vivono i suoi pazienti, una realtà che da soli non sarebbero in grado di ricostruire.

Storie di tutti i giorni

«Carla non riesce a dar voce ai suoi pensieri. Pur avendo chiaro il concetto che vorrebbe esprimere, dalla sua bocca fuoriescono solo termini sconnessi, una cosiddetta “insalata di parole”. Poi c’è chi, come Giorgio, pur parlando perfettamente non comprende più ciò che gli viene detto: l’italiano, la sua lingua madre, è diventata incomprensibile come l’arabo».

Sono brutti scherzi della memoria. Una memoria che, spesso, sembra essersi ancorata al passato, ma che in realtà ha cancellato anche molte delle immagini degli anni addietro. «Maria ripete continuamente di voler tornare a casa – racconta Letizia Villa -. Ma quando i figli l’hanno portata nell’appartamento dove aveva abitato fino a poco prima, lei ha continuato a dire: “Voglio andare a casa, questa non è casa mia”. Così i familiari si sono prodigati per cercare quella dell’infanzia, un casale ormai abbandonato fuori regione. Ma Maria anche in quel posto non si è sentita a casa ed ha continuato a ripetere sempre la stessa frase: “Voglio andare a casa, questa non è casa mia”. Per questo, noi specialisti diciamo che i malati di Alzheimer non sono alla ricerca di un luogo fisico, ma di una “casa del cuore”, che può essere ritrovata attraverso odori e percezioni familiari».

Oggetti ed emozioni

Al Paese Ritrovato, le stanze degli ospiti sono tutte personalizzate: «C’è chi ha appeso alle pareti vecchi quadri dipinti in gioventù, chi ha allestito un biblioteca personale, chi ha portato con sé del mobilio posseduto da tutta una vita», dice la specialista. È facile che gli oggetti del passato appaiano più familiari di quelli del presente. Lo stesso accade per le fotografie: è molto probabile che un malato di Alzheimer si riconosca in una foto della sua giovinezza, ma non in una più recente. Allo stesso modo, ricorderà di avere dei figli, ma il suo ricordo potrebbe essersi fermato alla loro infanzia e quindi credersi genitore di un bambino di 5 anni».

Una confusione che può rendere complicate, ma anche dolorose, le relazioni con i propri cari che soffrono di Alzheimer. «È inutile cercare di convincerli se ci si trova in disaccordo – consiglia Villa -. Meglio assecondarli, ovviamente, nella misura in cui questo non comprometta la loro incolumità o quella di qualcun altro. E, soprattutto, non vi arrabbiate. I malati di Alzheimer dimenticano, poi ricordano ed ancora confondono. I colori che osservano non sono più luminosi, i contorni sempre meno nitidi. Ma la capacità di provare emozioni o di comprendere quelle altrui non l’hanno perduta. Possono essere felici, godere di momenti di convivialità, della compagnia altrui e dell’ascolto di buona musica. Fanno nuove amicizie e s’innamorano, di un amore intenso e unico, proprio come se fosse la prima volta».

 

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