In 100 tra medici e scienziati per curare l’infermiere contagiato
Febbrile, lucido e collaborante. Nel primo bollettino clinico emesso dallo “Spallanzani” l’infettivologo Emanuele Nicastri parla in questi termini dell’infermiere sardo 37enne contagiato dall’Ebola in Sierra Leone.
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Trasportato a Roma con un C130 della 46^ Brigata Aerea dell’Aeronautica Militare, nella notte tra martedì e mercoledì dall’ospedale di Sassari, dove si era ricoverato domenica all’insorgere dei primi sintomi, è stato dichiarato in “condizioni non critiche” a poche ore dalla presa in carico presso l’Istituto capitolino, dove era stato già curato il medico siciliano, sempre di Emergency, Fabrizio Pulvirenti. Il prossimo aggiornamento sarà diramato nelle prossime 24 ore. Nel frattempo si procede con prudenza e cercando di tutelare la privacy del “paziente 2” e della sua famiglia.
LA BATTAGLIA PER SALVARLO – Qualche dettaglio in più sulla cura. I medici hanno riferito che “il paziente è trattato con farmaco antivirale specifico non registrato in Italia ma autorizzato con ordinanza da Aifa su indicazione del ministero della Salute”. Riguardo la possibilità che venga utilizzato il plasma di Pulvirenti, il direttore scientifico dello “Spallanzani” Giuseppe Ippolito ha ricordato che esiste “un protocollo internazionale da seguire e che bisognerà valutare prima tutte le unità disponibili in Europa. È stato già contattato il Centro Nazionale Sangue – ha aggiunto – e stiamo valutando tutte le opzioni terapeutiche, in accordo con il centro di coordinamento dell’Oms”.
PAURA CONTAGIO – Oltre alle condizioni dell’infermiere, a preoccupare è anche il rischio di contagio. In tal senso Ippolito è stato però netto: “Il rischio di contagio è trascurabile, il personale che ha preso in carico il paziente è altamente specializzato e attrezzato. Ad ogni modo il dottor Guerra, direttore generale della Prevenzione, sta portando avanti una serie di controlli ad hoc”. Considerando l’emergenza, ci si chiede però anche se il personale dell’ospedale di Sassari potesse contare su un’adeguata preparazione. “In tutto il Paese c’è una rete con un sistema di preparazione dove tutti gli operatori sanitari sono formati a gestire l’emergenza: speriamo e contiamo che non ci siamo persone esposte”.
IL RUOLO CHIAVE DELLA FORMAZIONE – A maggior ragione, viene dunque rimarcata l’importanza della formazione degli operatori sanitari esposti in prima persona: “La formazione è fondamentale – ribadisce Ippolito – ma serve un investimento per mantenere una rete di malattie infettive che non può essere in attivo, come qualcuno erroneamente pensa, ma che può essere, per fare un esempio, come i vigili del fuoco per mantenere e garantire la sicurezza”. Nel frattempo all’Istituto di ricerca nzionale per le malattie infettive è cominciata la battaglia per battere nuovamente il virus. Insieme agli scienziati ed i tecnici di laboratorio, sono già al lavoro medici e infermieri, sotto il coordinamento del dottor Russo.
EMERGENCY – Nella conferenza stampa a cui hanno partecipato anche direttore dell’Unità Crisi Spallanzani, Nicola Petrosillo e Manfredo Di Stefano, vice capo servizio dell’Aeronautica Militare, che ha curato il trasporto da Sassari in biocontenimento, ha partecipato anche Emergency con Rossella Miccio. La coordinatrice dell’Ufficio umanitario dell’associazione ha condiviso con l’infermiere contagiato proprio l’ultima esperienza in Sierra Leone, e anche ieri sera ha avuto modo di sentirlo telefonicamente sia appena ha avvertito i primi sintomi che alla vigilia del trasferimento: “Sapere che siamo tutti qui e gli siamo vicini è per lui una marcia in più per superare questo momento. Mi è sembrato sereno, è una persona solida. C’è ovviamente preoccupazione, ma abbiamo fiducia: noi, lui e la sua famiglia”. Riguardo come possa essere avvenuto il contagio, Rossella Miccio ci va con i piedi di piombo: “Non sappiamo come possa essere avvenuto, abbiamo seguito le procedure di sicurezza, che vengono costantemente aggiornate, ed ora stiamo cercando di capire cosa sia accaduto. È chiaro errori si possono commettere”.
L’ESPERIENZA PULVIRENTI – Vicinanza all’infermiere e alla sua famiglia, l’esprime anche Fabrizio Pulvirenti. Proprio il suo plasma potrebbe salvare l’infermiere sardo (ma, come già anticipato, non è detto), e nel frattempo lo sprona “a continuare a lottare ed avere fiducia nella professionalità e nella competenza dei medici dello Spallanzani: è in ottime mani”.