Balzanelli (SIS 118): «Se ci si tuffa in acque fredde, quando il nostro corpo è eccessivamente cado, l’impatto tra l’addome o i genitali e l’acqua può causare la sindrome da idrocuzione, capace di ridurre drasticamente la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa, fino ad esiti letali»
Chi, almeno una volta nella vita, non ha provato l’ebbrezza di un tuffo, sperimentando altezze proibite o posizioni stravaganti? Ebbene, anche un semplice tuffo, se non eseguito correttamente e in presenza di acqua troppo fredda e temperatura esterna troppo calda, può essere letale. Più precisamente a mettere a repentaglio la nostra vita è la sindrome da idrocuzione.
«L’idrocuzione si verifica quando il nostro corpo subisce una stimolazione violenta dovuta all’impatto della cute con acqua fredda, ad esempio durante un tuffo. Questo urto improvviso è capace di ridurre drasticamente la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa – dice Mario Balzanelli, presidente della Società Italiana Sistema (SIS) 118 -.È la marcata differenza tra la temperatura corporea e quella dell’acqua in cui ci si immerge a scatenare questa sindrome ed in particolare ad attivare il riflesso neurovegetativo che predispone allo svenimento. La perdita di coscienza può essere catastrofico soprattutto se si verifica mentre ci si trova in mare o in piscina, poiché il soggetto svenuto, inalando acqua, può andare in arresto cardio-circolatorio».
Se la sindrome da idrocuzione si verifica a seguito di un tuffo è molto probabile che lo slancio non sia stato eseguito correttamente. «Se l’impatto con l’acqua fredda avviene all’altezza dell’addome o dei genitali, ovvero con un tuffo comunemente definito “a spanciata”, è più probabile che l’individuo vada incontro alla sindrome da idrocuzione – dice Balzanelli -. L’urto violento della pancia contro la superficie dell’acqua può determinare l’attivazione del riflesso vagale e causare anche un arresto cardiaco immediato».
Ma se è la differenza di temperatura tra il corpo e l’acqua a determinare l’idrocuzione, allora saranno sufficienti pochi accorgimenti ad evitare anche le conseguenze peggiori. «Innanzitutto – consiglia lo specialista -, entrare gradualmente in acqua, cercando di abbassare pian piano la temperatura del proprio corpo, soprattutto se si è trascorso molto tempo sotto il sole. Immergere prima i piedi, poi i polsi, per poi procedere a bagnare, utilizzando le mani, la nuca, il capo e le braccia, fino a calarsi con tutto il corpo».
La precauzione deve essere doppia se ci si tuffa in acqua dopo aver mangiato. «Dopo aver consumato un pasto non è vietato fare il bagno, piuttosto è preferibile evitare di farsi una nuotata – sottolinea il presidente SIS 118 -. Dopo mangiato, per almeno una o due ore, è in generale sconsigliato praticare qualsiasi forma di attività fisica. Questo perché quando si attiva la digestione il corpo dirotta il sangue verso l’apparato gastrointestinale. Tuffandoci in acqua fredda questo processo, ovvero la digestione, viene drasticamente interrotto, poiché la massa ematica viene dirottata dai visceri ai muscoli, causando una congestione. Tale congestione, in alcuni soggetti, può provocare anche un’ischemia, oltre all’attivazione del riflesso vagale e quindi la perdita di coscienza, tipiche – conclude Balzanelli – della sindrome da idrocuzione».
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