La professoressa di Patologia a Parma, membro del cda del CNR, è candidata in Lombardia per Forza Italia. Propone programmi di prevenzione diffusi a tutta la popolazione. E chiede di usare i media per «illustrare ai giovani i successi della scienza»
Più posti agli studenti nei corsi di medicina, un programma di prevenzione, più fondi alla ricerca. Saranno queste alcune delle tematiche su cui si impegnerà, in caso di elezione alla Camera, la professoressa Gloria Saccani Jotti, candidata per Forza Italia nel collegio plurinominale Lombardia 1 – Monza – Seregno – Gorgonzola. Per lei parla il curriculum: oltre ad essere professoressa di Patologia clinica all’Università di Parma, è membro del Consiglio di Amministrazione del CNR e dell’Osservatorio Nazionale della Formazione Medica Specialistica. In passato ha ricoperto il ruolo di membro del Consiglio Superiore di Sanità, della Commissione Oncologica Nazionale e della Commissione Nazionale per la Ricerca Sanitaria. «La politica è da anni assente su un tema cruciale come quello della ricerca», spiega a Sanità Informazione la professoressa Saccani.
Professoressa, dopo anni nel mondo medico e accademico, cosa l’ha spinta ad entrare in politica?
«Il nostro Paese è notevolmente al di sotto della media europea per gli investimenti in ricerca e ben lontano dagli obiettivi di Europa 2020. L’Italia si classifica al 17esimo posto tra le nazioni europee per gli investimenti in ricerca e sviluppo rispetto al Prodotto Interno Lordo ed è preceduta ormai non solo dai grandi attori europei come Germania, Inghilterra e Francia, ma anche da Paesi come Portogallo, Ungheria, Estonia, Repubblica Ceca. Occorre un forte ripensamento nelle politiche di sviluppo del Paese, direi una vera e propria rottura rispetto al lungo periodo di disinvestimenti e tagli indiscriminati ad un settore cruciale per lo sviluppo dell’economia e dell’occupazione qualificata. Sono queste le motivazioni, dopo un lungo periodo di ricerca sul campo, alla base della mia candidatura in Parlamento».
Il mondo della sanità vive un momento delicato, come saprà il 23 febbraio sciopereranno medici e infermieri. Quali sono secondo lei le misure in ambito sanitario che non possono più essere rimandate?
«Esistono vari problemi di estrema urgenza. Citerò, tra gli altri, l’allarme medici di famiglia: sono troppi i pensionamenti rispetto al numero di giovani che concludono il tirocinio, in sei anni mancheranno 21mila medici e in alcune zone d’Italia come al nord è già emergenza. In regione Lombardia un bando per 670 posti ha avuto solo 270 risposte. Occorre aumentare i posti assegnati alle Università italiane per studenti di medicina per le cui iscrizioni vige il numero chiuso. Ma vorrei accennare, al di là dell’urgenza, il mio impegno a favore di una vera e propria rottura nelle strategie sanitarie puntando su interventi di prevenzione diffusi su tutta la popolazione. Senza interventi innovativi per la prevenzione delle malattie croniche debilitanti nel 2040 il Servizio Sanitario Nazionale richiederà più di 100 miliardi di nuovi fondi, una quota insostenibile per le finanze del nostro Paese. La prevenzione e il mutamento degli stili di vita dannosi devono essere perseguiti e promossi con forti attività di comunicazione e informazione alla nostra popolazione. È un tema oggi assai trascurato, sarà il mio campo di battaglia se sarò eletta».
Lei svolge un incarico molto importante, quello di membro del cda del CNR. Qual è lo stato della ricerca scientifica in Italia? Cosa è stato fatto e cosa si potrà fare nei prossimi anni?
«Lo stato delle nostre istituzioni scientifiche, primo il CNR, il maggiore Ente scientifico italiano, è molto grave. Nonostante l’eccellenza dei nostri ricercatori, questo Ente riceve dallo Stato come fondo di dotazione una cifra inferiore a quella di oltre 20 anni fa, con la svalutazione arriviamo a meno della metà rispetto ad un lontano e felice passato. Un fatto inconcepibile in un Paese moderno che non trova riscontro in tutti gli altri Paesi industrializzati. Questa criticità, alla base della fuga dei nostri giovani verso altri Paesi, è per me un forte motivo di impegno. Su questi temi cruciali per il futuro del nostro Paese la politica è da molti anni assente e ormai gli Istituti scientifici devono procurarsi sul mercato i fondi per il pagamento dei servizi essenziali rinunciando spesso all’attività di ricerca, cruciale per competere a livello europeo. Per il successo nei bandi europei occorre dimostrare di avere solidi dati preliminari per sostenere la competizione nei finanziamenti europei. Senza risorse adeguate perdiamo oltre quattro miliardi di euro di fondi europei rispetto ai contributi versati dall’Italia per questo settore».
Negli ultimi anni hanno preso piede nel nostro Paese atteggiamenti se non ostili, sicuramente molto diffidenti verso la scienza, a cominciare dai No Vax. Cosa si può fare per invertire questa tendenza?
«Utilizzare i mezzi di comunicazione (radio, televisione, ecc.) per illustrare alla popolazione e soprattutto ai giovani i successi della scienza in vari settori e come la scienza ha contribuito a migliorare la nostra vita portando quasi al raddoppio della vita media ed eliminando molte gravissime malattie. Programmi come quelli di Piero Angela devono essere potenziati e i nostri migliori giovani scienziati devono essere chiamati a partecipare a programmi che riportino il servizio pubblico ai suoi compiti istituzionali. La BBC rappresenta un forte esempio che è necessario seguire. Informazione, comunicazione e educazione sono i punti essenziali di questa politica».