Il chirurgo è candidato al Senato a Roma per il Movimento Cinque Stelle. A Sanità Informazione sottolinea l’importanza della formazione: «Va fatta dentro e fuori l’università e con tutti i mezzi disponibili, compresi quelli telematici»
«Un ragazzo di 30-32 anni che ha finito la specializzazione vorrebbe mettere su famiglia, una donna vorrebbe dei figli, un uomo vorrebbe diventar padre, vorrebbe comprare una casa per la moglie. Questo in Italia non è possibile». Il chirurgo Pierpaolo Sileri traccia un quadro preoccupante, se non desolante, delle prospettive dei giovani ricercatori e studenti di medicina (ma non solo) in Italia. Un’analisi che lo ha portato a scendere in politica e candidarsi alle prossime elezioni politiche con il Movimento Cinque Stelle nel collegio Collatino (Lazio 4) di Roma al Senato. Sileri è direttore del Corso di Perfezionamento Universitario in Chirurgia del Prolasso Rettale e direttore Master II livello in “Chirurgia laparoscopica del colon-retto” ed è inoltre Cavaliere all’ordine del merito della Repubblica Italiana. È tra i ricercatori che denunciò episodi di corruzione all’università di Tor Vergata.
Professor Sileri, lei viene dal mondo della sanità e accetta la sfida della politica. Cosa vuole cambiare nell’approccio alla sanità italiana?
«La sanità italiana negli ultimi anni ha visto solamente tagli. Questo ha portato ad una riduzione della qualità del servizio offerto. Vediamo nella Regione Lazio, ad esempio, liste d’attesa interminabili, pronto soccorso intasati, gente che si lamenta perché non riesce a fare nemmeno un’indagine diagnostica. È aumentata addirittura la mortalità nel 2017. L’età media, che si è sempre innalzata, nell’ultimo anno si è abbassata. Io non so se la causa sia il malfunzionamento degli ospedali, ma sicuramente gli ospedali non funzionano e non funzionano perché si è tagliato. Anziché aumentare, quella che è la spesa pro capite è stata ridotta. Al contrario questa dovrebbe raddoppiare nei prossimi 10 anni di pari passo all’innalzamento dell’età media. C’è sempre gente più anziana che ha bisogno di aiuto, se si fanno dei tagli quella gente non troverà una risposta. Non ci dimentichiamo che nel 2016 11 milioni di italiani non hanno avuto accesso alle cure. Sono rimasti senza cure. Questo è un dato drammatico, non è un dato da Paese civile quale è l’Italia, ma purtroppo da Paese da terzo mondo».
Nei suoi incontri sottolinea anche un po’ quella che è la sua esperienza di giovane, laureato, specializzato in medicina che però sceglie di andare all’estero perché lì ci sono opportunità importanti. Dunque ecco l’importanza di investire e cambiare l’approccio alla formazione.
«È necessaria una formazione più strutturata, i giovani vanno ancora via, si laureano, il giorno dopo la laurea cercano lavoro da un’altra parte. Guarda caso all’estero lo trovano sempre, trovano degli stipendi migliori, una certezza di un futuro. Un ragazzo di 30-32 anni che ha finito la specializzazione vorrebbe mettere su famiglia, una donna vorrebbe dei figli, un uomo vorrebbe diventar padre, vorrebbe comprare una casa per la moglie. Questo in Italia non è possibile. È necessario garantire investimenti anche per la formazione che è parte principale. Se tu non formi eccellenza depauperi quello che è il sistema, quella deve essere fatta dentro l’università e anche fuori dall’università, con tutti i mezzi disponibili compresi quelli telematici che oggi noi probabilmente sottovalutiamo ma che invece sono fondamentali, così come è fondamentale la formazione viso a viso. Il problema è che in Italia è tutto un po’ un fai da te in questo momento e la gente decide di andarsene».
Lei ha avuto un confronto con il vostro leader politico Di Maio proprio sui temi della sanità, sappiamo che fra i venti punti del programma ce n’è uno dedicato.
«Sì, fra i venti punti del programma dei Cinque Stelle c’è la sanità: più investimenti e meno tagli. Investimenti nella sanità significa assumere personale, formare personale, dare eccellenze all’interno dell’università e stimolare la ricerca che in questi anni è stata praticamente annichilita. Tanto per fare l’esempio delle assunzioni, il numero di infermieri per abitante in Italia è il più basso d’Europa e questo è inaccettabile. Gli infermieri vanno formati, vanno messi negli ospedali, devono supportare quello che è il bisogno del cittadino così come i medici e così come gli OSS e soprattutto devi stimolarli anche con stipendi un po’ più alti perché ci sono degli stipendi che in effetti sono francamente da fame, inaccettabili per una sanità migliore».