Disparità che dividono anche le Regioni commissariate da quelle con i conti in ordine. Il portavoce della Federazione degli Ordini delle Professioni infermieristiche (FNOPI): «La spesa pro capite per tutte le prestazioni sanitarie è più alta nelle Regioni del Nord e non in piano di rientro, più bassa invece nelle Regioni in piano di rientro»
Lotta alle diseguaglianze e valorizzazione del servizio pubblico, che si traducono in eliminazione del superticket e rimodulazione di tutta la normativa vigente. Tonino Aceti, portavoce della Federazione degli Ordini delle Professioni infermieristiche (FNOPI) sposa la causa del ministro della Salute, Roberto Speranza. In un’intervista ai microfoni di Sanità Informazione, il portavoce FNOPI commenta i dati diffusi nei giorni scorsi che dimostrano l’estrema frammentazione dell’applicazione della sovrattassa sui ticket sanitari.
«Già soltanto eliminando il superticket, obiettivo del ministro Speranza, una parte importante delle disuguaglianze che oggi ci sono nell’ambito dei ticket sanitari verrebbe meno», spiega Tonino Aceti dagli uffici della Federazione. «Ma questo non basta, bisogna anche mettere mano a tutto quello che è la normativa che disciplina le esenzioni e le modalità di compartecipazione, perché anche sulla farmaceutica ci sono molte differenze da regione a regione».
L’applicazione della quota fissa sulle prestazioni della specialistica, il cosiddetto superticket sono infatti molto diversificate. L’Emilia Romagna, ad esempio lo ha eliminato a partire dal 1 gennaio 2019 per le fasce di reddito sino a 100 mila euro; nelle Marche non lo si paga per i redditi Isee sotto i 10 mila euro; in Veneto dal 1 gennaio 2020 non lo pagheranno più tutte le persone economicamente vulnerabili, con un reddito inferiore a 29 mila euro annui; in Liguria invece è prevista l’applicazione secca dei 10 euro; nessuna quota fissa da pagare in Sardegna, Basilicata, P.A. Bolzano.
LEGGI ANCHE: LISTE DI ATTESA, OLTRE IL 50% DEI CITTADINI DENUNCIA DIFFICOLTA’ DI ACCESSO. I DATI DEL VII REPORT CITTADINANZATTIVA
Ancora più accentuate le differenze in materia di ticket farmaceutici. Zero ticket in Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Marche, Sardegna; 1 euro a ricetta per la P.A. Trento; 2 euro a confezione (max 4 euro a ricetta) in Liguria; 4 euro a confezione (max 8 euro a ricetta) in Toscana; 2 euro a confezione (max 4 euro a ricetta) + 1 euro a ricetta in Calabria. Altrettante differenze anche per la compartecipazione a carico degli assistiti esenti in funzione dei codici esenzione e fascia di reddito.
«Le differenze ci sono anche rispetto alla spesa pro capite. La Corte dei Conti – spiega ancora Aceti – ci dice ad esempio che la spesa pro capite per tutte le prestazioni sanitarie, quindi pronto soccorso, specialistica, altri tipi di prestazioni e la farmaceutica, complessivamente è più alta nelle Regioni del Nord e non in piano di rientro, più bassa invece nelle Regioni in piano di rientro». Una situazione probabilmente frutto delle maggiori capacità di spesa delle Regioni con i conti in ordine. «Diversa la situazione per i ticket farmaceutici – continua – dove invece la situazione si capovolge. Abbiamo una spesa pro capite più alta nelle Regioni in piano di rientro e una spesa pro capite più bassa nelle Regioni non in piano di rientro, soprattutto quelle del Nord». I motivi? «Intanto le regioni commissariate hanno dovuto mettere mano ad un aumento anche sulla parte dei ticket, – ci risponde Aceti – quindi di pressione fiscale nei confronti dei cittadini. L’altra motivazione che potrebbe essere alla base delle differenze, potrebbe essere un aspetto di appropriatezza prescrittiva sulla quale sappiamo c’è da fare molto. Poi, ci sono anche la diffusione delle patologie croniche che hanno un’incidenza sul livello di spesa».
Per la Federazione degli Ordini delle Professioni infermieristiche, il punto su cui intervenire rimane l’abbattimento della «barriera economica». «Bisogna ridurre il livello di pressione dei ticket sui redditi delle famiglie. L’Istat ci dice – ribadisce ancora una volta Tonino Aceti – che sono 4 milioni le persone che rinunciano a curarsi per motivi economici mentre 2 milioni sono il numero di chi rinuncia per le liste d’attesa. L’altra azione che bisogna mettere in campo è quella di garantire equità nel sistema e ridurre le diseguaglianze. Equità nel sistema garantendo comunque il giusto appeal che il Sistema sanitario nazionale deve avere nei confronti dei cittadini. In pratica, a prescindere da qualsiasi tipo di rimodulazione della normativa vigente, il livello di ticket che si andrà a definire dovrà essere comunque sempre più conveniente nel pubblico rispetto al privato. Altrimenti ci sarà una fetta importante di cittadini che usciranno dal servizio pubblico, ricorreranno ancor di più al privato e questo minerà fortemente la sostenibilità del nostro servizio sanitario che si basa su una fiscalità generale di tutti, quelli più ricchi e quelli meno ricchi».