A Sanità Informazione parla il presidente del Consiglio Superiore di Sanità, Franco Locatelli, e spiega: «Un onore aver servito il Paese durante il Covid-19, anche se qualche volta non si è capito quanto fosse difficile lavorare in quella situazione». E poi l’appello: «Più fondi per la ricerca»
Il professor Franco Locatelli, ematologo di fama mondiale, presidente del Consiglio Superiore di Sanità e coordinatore del CTS durante lo stato di emergenza Covid-19, sta lasciando la platea di un convegno sul cancro infantile per tornare al suo lavoro. Lo fermano due persone. Prima un signore che, commosso, quasi gli grida: «Professore, lei ha salvato mio nipote!». Tra i due parte, spontaneo, un fraterno abbraccio che vale più di mille parole. Non fa due passi che subito lo ferma una signora che, con voce quasi strozzata, dice: «Professore, lei ha svolto una consulenza per noi. Purtroppo non è andata bene, ma la ringrazio per la disponibilità e la celerità nella risposta». Ora è Locatelli quasi ad essere commosso: «Queste sue parole sono importanti per me».
È stata una giornata di ordinarie emozioni per Franco Locatelli quella dedicata alla lotta al Cancro infantile. La platea di Fiagop, la Federazione Nazionale delle Associazioni di Genitori di bambini e adolescenti che hanno contratto tumori o leucemie, lo ascolta in religioso silenzio. E lui non delude anticipando i risultati di uno studio in pubblicazione sul New England Journal of Medicine, che dimostra come grazie all’immunoterapia Car-T, su una determinata popolazione di bambini colpiti da neuroblastoma, il tumore più comune della prima infanzia, la sopravvivenza a 3 anni sfiori il 40%, mentre oggi quella a due anni è appena del 5%. «Siamo contenti ma quello che interessa è pensare a come riempire il gap che ancora manca, il 60%. Il 40% è una buona base di partenza ma deve essere uno stimolo per fare meglio» afferma con pragmatismo lombardo.
Sull’immunoterapia e sulle cellule Car-T, Locatelli ha vinto la sua scommessa. «Quindici anni fa nessuno avrebbe scommesso sull’immunoterapia. Oggi gioca un ruolo decisivo nei pazienti che hanno fallito le terapie convenzionali» spiega a Sanità Informazione. «All’epoca si pensava che non avesse un futuro particolare in quanto i dati ottenuti fino ad allora non erano così clamorosamente a favore di un ruolo terapeutico, poi invece c’è stato quello che io definisco un ‘rinascimento’ e si è dimostrata l’efficacia in diversi contesti anche grazie a nuovi farmaci e nuovi tipi di anticorpi monoclonali, oltre alle prime cellule Car-T. E oggi siamo sul punto di trasportare questa innovazione nella cura dei tumori solidi» afferma l’ematologo del Bambino Gesù.
Locatelli ricorda l’importanza della ricerca e della collaborazione tra pubblico e privato in questo ambito. «Gli IRCCS ma anche le regioni e altre istituzioni possono applicare fondi della ricerca finalizzata. E poi si potrebbe dedicare una quota dei fondi destinata alla ricerca specializzata alle ricerche in ambito oncologico specializzato. Voglio ricordare che grazie ai fondi PNRR alla fine della scorsa primavera e dell’estate il Ministero dell’Istruzione e quello della Salute hanno deciso di investire fondi per le terapie con cellule geneticamente modificate così come sulle terapie RNA. Avranno un ruolo determinante per la cura dei tumori. La sfida è traslarle nell’ambito dei tumori solidi».
Locatelli però è anche un uomo di sanità pubblica: tutti lo ricordano alla guida del Comitato Tecnico Scientifico durante i mesi più difficili della pandemia da Covid-19. Un’esperienza che lo ha segnato, come ricorda al nostro giornale. «La cosa bella che mi rimane è quella di aver servito il Paese e di aver lavorato con tante persone del mondo istituzionale che si sono sacrificate per molti mesi con un grande senso di protezione verso il Paese. La cosa più difficile è stata, in qualche occasione, aver avuto la percezione che una parte dei cittadini non capisse quanto è stato difficile lavorare in certi contesti» spiega ancora l’ematologo.
Infine, un appello a tutelare il nostro Servizio Sanitario Nazionale: «Abbiamo la fortuna di vivere in un Paese che grazie ad un sistema nazionale universalistico e solidaristico garantisce l’accesso ai migliori trattamenti senza distinzione alcuna, fatte salve alcune difformità territoriali. Dobbiamo tutelare il SSN, forse non sempre abbiamo coscienza di quanto sia importante».
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