La Spagna è stato il primo Paese a fare i conti in Europa con il virus. Al convegno al San Raffaele di Milano Luis Mazon Cuadrado e Rosa Maria Orriols hanno portato le loro esperienze dirette
L’emergenza Ebola ancora protagonista, questa volta insieme alle misure di sicurezza necessarie per affrontarla all’interno delle strutture sanitarie.
E’ stato questo il tema intorno a cui è ruotato il convegno organizzato ed ospitato dal San Raffaele di Milano, per fare il punto su una questione dai contorni sempre più ampi. Presenti al convegno, infatti, esponenti del mondo della sanità da tutt’Europa, come il dott. Luis Mazon Cuadrado, responsabile della Prevenzione e Protezione presso il policlinico universitario di Madrid: “Siamo calati in una situazione completamente nuova, ma professionalmente stimolante, sia nella gestione della patologia in sé, sia nell’organizzazione della prevenzione”.
Nell’ambito delle attività preventive, infatti, il dottor Mazon Cuadrado pone l’accento proprio sulla corretta informazione e sulla formazione specifica del personale. “Le linee guida diramate dall’OMS – sottolinea Mazon Cuadrado – devono essere univoche e coerenti a livello globale, per non generare confusione”. Proprio la Spagna è stato il primo paese europeo ad aver fatto i conti con un caso di Ebola, evidenziando la necessità di una formazione ad hoc del personale in prima linea nelle strutture sanitarie. Il Paese è ora “Ebola free”, come specifica ancora Mazon Cuadrado, dal momento che tutti i soggetti venuti in contatto con l’infermiera contagiata sono poi risultati negativi al test.
L’importanza di una formazione appropriata del personale viene sottolineata anche dalla dottoressa Rosa Maria Orriols, dell’ospedale universitario di Barcellona e membro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: “Il direttore del Center for Desease Control (che di recente aveva classificato Ebola come “l’epidemia più grave dai tempi dell’Aids, n.d.R.) ha inquadrato perfettamente il problema: si tratta davvero di un’emergenza su scala mondiale, sviluppatasi in Africa ma che non conosce distinzioni di razza. Bisogna affrontarla unitariamente per far sì che dai Paesi più colpiti non si diffonda in tutto il mondo. Gli sforzi maggiori, tuttavia, vanno concentrati proprio sul West Africa, dove non solo le carenze del sistema sanitario ma anche la fame e altre piaghe amplificano e aggravano il problema”.