Il segretario della Società italiana Medicina di emergenza urgenza sottolinea: «È uno dei più bei lavori che ci siano perché tra i più completi però è anche uno dei più pesanti». Poi aggiunge: «Al Pronto soccorso servono medici specialisti, non può andare un medico qualsiasi»
Ormai non è più un fenomeno isolato: sempre più concorsi per medici vanno deserti in tante parti d’Italia. E in molti casi sono i concorsi per l’emergenza-urgenza ad andare deserti: ha fatto scalpore il caso del concorso per il Pronto Soccorso dell’Ospedale Maggiore di Parma di un anno fa. Questo perché la vita di un medico in un Pronto soccorso non è affatto facile: turni massacranti, rischio aggressioni, intasamento delle strutture e sovraccarico di lavoro. Per questo il mondo medico si interroga su come rendere più attrattiva questa branca della sanità italiana. Secondo Giuseppina Fera, Segretario del Simeu, Società italiana Medicina di emergenza urgenza, e segretario della Cisl medici, c’è un solo modo: modificare il contratto rendendolo più attrattivo. «Il lavoro nell’emergenza-urgenza è uno dei più bei lavori che ci siano perché tra i più completi però è anche uno dei più pesanti tanto è vero che il medico competente ti esonera subito dall’emergenza se hai un piccolo problema di salute – sottolinea Fera a Sanità Informazione – È riconosciuto in questo. Non è però riconosciuto a livello contrattuale, non viene tenuto conto del disagio lavorativo in nessun modo e quindi i giovani neolaureati cercano di evitare accuratamente i Pronto soccorso». Altro tema, in qualche modo connesso, è quello dei medici a gettone: camici bianchi chiamati a sopperire per brevi periodi a carenze di organico e spesso impiegati nei Pronto soccorso senza avere la specializzazione appropriata: «Bisogna riconoscere che il medico dell’emergenza è uno specialista a tutti gli effetti. Mettere un altro tipo di medico potrebbe intasare il sistema. Il medico dell’emergenza è quello che dimette l’80% dei pazienti, non li ricovera tutti» sottolinea Fera.
Segretario, oggi parliamo del 118. Il Presidente Balzanelli del Sis chiede una revisione della carenza di medici nei mezzi di soccorso. Lei come segretario della Simeu registra anche la carenza di medici nei Pronto soccorso. Cosa si può fare a livello pratico?
«L’unico modo è rendere più attrattivo il lavoro nell’emergenza urgenza. Il lavoro nell’emergenza-urgenza è uno dei più bei lavori che ci siano perché tra i più completi però è anche uno dei più pesanti tanto è vero che il medico competente ti esonera subito dall’emergenza se hai un piccolo problema di salute. È riconosciuto in questo. Non è però riconosciuto a livello contrattuale, non viene tenuto conto del disagio lavorativo in nessun modo e quindi i giovani neolaureati cercano di evitare accuratamente i Pronto soccorso. Poi c’è anche un altro problema: colleghi che sono nel 118 con il contratto dell’emergenza sanitaria, perché noi abbiamo possibilità di avere due tipi di contratto, e che a volte vengono utilizzati per tappare il buco, non sono specialisti ma hanno frequentato il corso di formazione del 118, restano precari e non possono accedere ai concorsi perché non hanno la specialità. Tanto è vero che sia come Cisl medici, sia come Simeu abbiamo proposto che questi colleghi, che così restano precari a vita, abbiano una specie di canale preferenziale per entrare a fare la specialità nella medicina di emergenza urgenza, pagati dalle aziende dove lavorano, però con il percorso formativo in modo da poter fare una specializzazione in medicina di emergenza urgenza».
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C’è anche il problema dei medici a gettone, che vengono chiamati anche nei Pronto Soccorso e magari spesso non hanno magari le competenze necessarie. Sono loro stessi i primi a essere in difficoltà…
«Oggi il medico di Pronto soccorso è un lavoro da specialista. Non può più farlo chiunque come succedeva quando ho iniziato io oltre 20 anni fa perché il medico che lavora nell’emergenza deve avere quell’allenamento al colpo d’occhio a riconoscere la gravità e avere la tempestività che non tutti gli specialisti hanno. E quindi non possiamo mettere un medico qualunque. Come se io andassi a lavorare nel reparto: i tempi sono diversi, la modalità di lavoro, l’approccio al malato sono completamente diverse. Bisogna riconoscere che il medico dell’emergenza è uno specialista a tutti gli effetti. Mettere un altro tipo di medico potrebbe intasare il sistema. Il medico dell’emergenza è quello che dimette l’80% dei pazienti, non li ricovera tutti e con questi tagli ai posti letto che c’è stata sarebbe difficoltoso tornare indietro. Il medico dell’emergenza usa un po’ meno la medicina difensiva, un po’ più l’allenamento, ha anche un rapporto diverso col malato, a volte anche di aggressività. Teniamo conto che anche un paziente che arriva in codice bianco non sa cosa ha, è comunque spaventato, è in un momento di difficoltà. È anche compito del medico dell’emergenza tranquillizzarlo, non a caso la maggior parte dei codici sono codici verdi».