Tassorelli (Sin): “Imparare a riconoscere i sintomi che precedono il dolore dell’emicrania permetterebbe un’assunzione precoce dei farmaci, diminuendo l’aggressività dell’attacco o evitandone del tutto la comparsa”
“Esistono dei sintomi che precedono il dolore dell’emicrania e che sono il preludio dell’attacco stesso. Imparare a riconoscerli permetterebbe un’assunzione precoce dei farmaci, diminuendo l’aggressività del mal di testa o, nella migliore delle ipotesi, evitandone del tutto la comparsa. La ricerca scientifica contemporanea punta proprio in questa direzione, al fine di migliorare l’efficacia dei trattamenti attualmente in uso”, spiega Cristina Tassorelli, professore di Neurologia all’Università di Pavia e direttore del Centro di Ricerca Cefalee dell’Istituto Mondino e componente del consiglio direttivo della Società Italiana di Neurologia (Sin), in un’intervista a Sanità Informazione. Mira verso lo stesso obiettivo anche lo studio condotto dal gruppo di ricerca guidato da Kathleen Merikangas del National Institute of Mental Health, parte dei National Institutes of Health di Bethesda, Maryland, pubblicato sulla rivista Neurology.
Gli scienziati hanno stilato una lista di fattori per predire quando ci verrà il mal di testa: ‘l’aver dormito male la notte appena trascorsa’ e ‘un livello di energia inferiore alla norma nel giorno precedente’ sono risultati tra i segnali più importanti. Ma si tratta di campanelli di allarme che si ci avvertono dell’imminente arrivo del mal di testa o di sintomi non dolorosi dell’attacco emicranico già in atto? “È verosimile ipotizzare che una notte insonne o quasi, così come picchi di energia oltre la metà della giornata, possano essere i primi sintomi di un attacco emicranico, ovvero quelli che si manifestano prima del dolore vero e proprio”, risponde la professoressa Tassorelli.
Lo studio, condotto dalla professoressa Kathleen Merikangas, ha coinvolto 477 persone tra i 7 e gli 84 anni. Attraverso un’app sullo smartphone, i partecipanti hanno valutato umore, energia, stress e mal di testa quattro volte al giorno per due settimane. Hanno anche esaminato la qualità del riposo una volta al giorno e indossato dispositivi di monitoraggio del sonno e dell’attività fisica. “Proprio per le ripetute rilevazione dei parametri sui partecipanti (quattro volte ogni 24 ore), lo studio può essere considerato ben fatto e i suoi risultati attendibili”, aggiunge il membro del Consiglio direttivo della Sin. È emerso che le persone con una percezione più scarsa della qualità del sonno in media avevano una probabilità del 22% maggiore di un attacco di mal di testa la mattina successiva.
“I fattori predittivi scovati evidenziano il ruolo dei ritmi circadiani nell’emicrania – dice l’autrice dello studio, Kathleen Merikangas -. I risultati possono darci una visione dei processi alla base dell’emicrania e aiutarci a migliorare il trattamento e la prevenzione”. Una diminuzione soggettiva della qualità del sonno si associa a un aumento del 18% della probabilità di un attacco di mal di testa la mattina successiva. Allo stesso modo, una diminuzione del livello usuale di energia il giorno prima si associa a una probabilità del 16% in più di un attacco di mal di testa la mattina successiva. Al contrario, livelli medi più elevati di stress e un’energia nettamente più elevata del solito il giorno prima si associano a una probabilità del +17% di avere un attacco il pomeriggio o la sera successivi.
Tuttavia non si associa agli attacchi di mal di testa né essere di umore ansioso, né depresso: “Sorprendentemente, non abbiamo trovato alcun legame tra i sintomi di ansia e depressione e l’emicrania – dichiara Merikangas -. L’aspetto più interessante è che i mal di testa si associano alla qualità del sonno percepita piuttosto che a misure oggettive di quanto e come si dorme. Questo sottolinea l’importanza degli stati fisici ed emotivi come cause sottostanti dell’emicrania”. Stati di ansia e depressione potrebbero essere, dunque, considerati sintomi a valle, ovvero una conseguenza e non la causa dell’emicrania. “Precedenti studi, infatti – aggiunge la professoressa Tassorelli – hanno dimostrato che un trattamento dell’emicrania efficace, sia in termini di intensità che di frequenza degli attacchi, influisce positivamente anche su stati ansiosi e depressivi. Risultati ancora migliori, anche per il controllo di ansia e depressione, potrebbero essere ottenuti laddove il trattamento per l’emicrania possa essere somministrato prima della comparsa del dolore, al manifestarsi dei primi sintomi descritti nella ricerca del National Institute of Mental Health, come sonno disturbato o picchi di energia pomeridiani. Ovviamente, non tutti i pazienti emicranici sono o saranno in grado di rilevare tali segni e sintomi precoci, ma poter migliorare l’efficacia delle terapie almeno per una parte dei soggetti emicranici – conclude la professoressa – sarebbe già un grande risultato.”
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