La responsabile del Centro Emofilia di Cesena: «Non abbiamo ancora una cura definitiva. Le novità più interessanti arrivano dalle terapie che determinano un equilibrio coagulativo e possono essere somministrate a livello sottocutaneo»
L’emofilia è una malattia genetica rara provocata da un difetto nella coagulazione del sangue. La malattia colpisce soprattutto gli uomini, mentre le donne possono essere portatrici sane. Si distinguono due forme di emofilia: la A, più frequente – 80% dei pazienti – in cui manca il fattore della coagulazione VIII, e la B, in cui manca il fattore IX. Sullo stato dell’arte di questa complessa patologia, abbiamo intervistato la dottoressa Chiara Biasoli, responsabile del Centro Emofilia, AOU di Cesena.
«Secondo gli ultimi dati del 2017 – spiega la dottoressa Biasoli – in Italia sono circa diecimila i pazienti affetti da malattie emorragiche congenite: di questi, circa 4mila sono affetti da emofilia A e circa mille da emofilia B. L’incidenza – prosegue la dottoressa – uguale in tutto il mondo, è di uno ogni diecimila nati per la A e uno su 30mila per la B». I numeri sembrano bassi, ma c’è da ricordare che si tratta di pazienti complessi «per cui i centri che se ne occupano devono lavorare sulla presa in carico globale».
I sintomi sono gli stessi per le due forme di emofilia e consistono in emorragie più o meno gravi a seguito di traumi, ferite, operazioni chirurgiche oppure emorragie spontanee. «A seconda della gravità – aggiunge la dottoressa – hanno delle manifestazioni emorragiche più o meno intense e la caratteristica principale è che le emorragie avvengono a livello articolare».
«Non abbiamo purtroppo ancora una terapia che risolva definitivamente la carenza di cui sono affetti i pazienti emofilici ma esistono terapie sostitutive che sopperiscono alla mancanza. Una delle caratteristiche principali – sottolinea l’esperta – è che la proteina carente deve essere infusa solo per via endovenosa e questo crea delle problematiche. Le terapie innovative si stanno orientando, per ora, oltre alla terapia genica che riuscirebbe a correggere il difetto genetico, a prolungare il timing del trattamento. Le novità più interessanti per le cure sono le terapie che agiscono determinando un equilibrio coagulativo e hanno la fortuna di poter essere somministrate a livello sottocutaneo con grandi benefici per adulti e bambini».
Per gli studi clinici sull’emofilia, altri aspetti importanti da implementare sono la raccolta dei dati “real word” sull’esperienza “real life” e i registri dei pazienti emofilici: «Per quanto riguarda le malattie complesse come le malattie rare, è importante avere i dati dei registri, perché sono pochi casi, ogni paziente è molto simile a sé stesso e ognuno di loro presenta peculiarità. Per questo – evidenzia la dottoressa Biasoli – più abbiamo i dati di registro e più possiamo fare confronti e studi non solo epidemiologici ma anche clinici. Il registro da cui trarre dati clinici confrontabili e paragonabili, pur nella diversità del paziente, può essere la cosa più utile che possiamo avere» conclude la dottoressa.
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