L’Italia è al top nelle cure con quasi 180mila pazienti trattati, ma nel 2019 si esaurirà il fondo destinato ai farmaci innovativi. Il Presidente della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, è intervenuto al convegno sul tema in Senato: «Non è una malattia soltanto del fegato, in qualche modo favorisce la possibilità che compaia il diabete e diminuisca efficienza dell’apparato cardiovascolare»
Si stima che in Italia le persone colpite dal virus dell’epatite C siano 200mila. Si tratta però solo di una stima, perché l’HCV è un virus particolarmente subdolo e può restare a lungo asintomatico. Un rischio mortale per i portatori, perché può progredire in cirrosi o cancro al fegato in assenza di un effettivo trattamento antivirale.
Oggi però l’epatite C è una malattia curabile grazie allo sviluppo della terapia antivirale ad azione diretta (DAA) che ha rivoluzionato l’approccio al trattamento e rinvigorito le iniziative di sanità pubblica volte a identificare i pazienti con epatite cronica da HCV. Il punto sulle cure e sulle campagne di sensibilizzazione è stato fatto oggi alla Sala Isma del Senato al convegno sul “Stato avanzamento lavoro del Piano di eliminazione dell’Epatite C in Italia”.
«In Italia sono 200mila gli individui colpiti. Sono persone che non sanno di averla e non hanno quindi potuto ancora avere accesso alle cure che sono efficaci in questo momento – spiega a Sanità Informazione Massimo Galli, Presidente della Simit, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali -. Nell’arco di un numero limitato di settimane con una terapia per bocca, assolutamente facile da prendere e senza una reale tossicità, con un successo del 97-98%. Cioè 98 persone su 100 assumendo questa terapia si liberano in maniera definitiva del virus che hanno magari dovuto tenere per anni e che per molto tempo può essere un ospite subdolo e non riconosciuto che intanto compromette la funzionalità del fegato e ha anche un impatto importante per altri organi e apparati».
L’Italia è al top nelle cure: con quasi 180 mila pazienti trattati è il Paese più virtuoso in Europa. Ma nel 2019 si esaurirà il fondo destinato ai farmaci innovativi e questa fase andrà gestita con attenzione. A fare il punto oggi sulla strada fatta e quella da fare, il convegno “Stato avanzamento lavoro del Piano di eliminazione dell’Epatite C in Italia”, che si è tenuto nella Sala di Santa Maria in Aquiro del Senato.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) prevede l’eliminazione dell’infezione da HCV entro il 2030 attraverso il raggiungimento degli obiettivi strategici per il settore sanitario globale (GHSS) per l’epatite.
«Non essendoci un vaccino per l’eradicazione totale del virus non sarà facile raggiungere l’obiettivo dell’OMS – sottolinea Galli – Qui abbiamo farmaci molto validi. Nei confronti di questo virus mutevole non riusciremo ad avere un vaccino efficace quindi inseguirlo con una terapia ci può portare a un risultato di questo genere che è alla portata nei paesi industrializzati e con una organizzazione sanitaria efficiente, lo è meno dove l’organizzazione sanitaria è più precaria. Ma tocca investire anche qua: abbiamo avuto tre anni di un importantissimo finanziamento nell’ambito dei farmaci innovativi per il trattamento dell’epatite C ma non sono stati fatti investimenti e non sono stati presi significative iniziative per l’emersione del sommerso. Ci troviamo nella paradossale situazione di avere una terapia che funziona ma siamo, ahimè, ancora nella condizione di non avere iniziative sufficienti perché il sommerso emerga e le persone non consapevoli di avere l’infezione si rivolgano ai centri specializzati per il trattamento e cresca la consapevolezza della possibilità di essere portatori di queste infezioni».
Anche per questo partiranno da fine maggio uno spot tv e azioni media mirate alla sensibilizzazione della popolazione, parte una grande campagna di sensibilizzazione e conoscenza per spingere la popolazione colpita e talora ignara della malattia, all’eliminazione del virus dell’Epatite C, con una terapia di poche settimane per bocca e senza alcun rischio.
«Non è una malattia soltanto del fegato, in qualche modo favorisce la possibilità che compaia il diabete, favorisce una minora efficienza dell’apparato cardiovascolare, può favorire l’incidenza in questo senso – continua Galli – Tutto sommato è qualche cosa da cui dobbiamo liberarci. Anche perché in Italia sono già state curate 178mila persone con questi farmaci: questo vuol dire togliere di mezzo una grande quantità di virus circolanti. Ogni volta che curiamo una persona con epatite C e eliminiamo il virus è come se avessimo tolto un cucchiaio del contenuto di una botte di virus. Che può essere fonte di altre infezioni. Trattare non è soltanto importante nell’ottica dell’eliminazione del virus del singolo virus ma come azione di riduzione del rischio di infezione per la popolazione».
Sul tema interviene anche Massimiliano Conforti, Vicepresidente EpaC onlus, che rappresenta i malati: «Attualmente abbiamo fatto un grande sforzo per l’eradicazione dell’epatite C ma ne va fatto uno ulteriore, dobbiamo cambiare passo. Tutti gli stakeholder della sanità si devono unire e avere un’unica voce. Tutti dobbiamo fare di più: perché oggi abbiamo il 40% in meno di accesso alle terapie rispetto all’anno precedente. Questo ci fa capire che stanno arrivando meno pazienti dal territorio ai centri prescrittori perché molto probabilmente ci sono alcune attività spot in Italia ma non c’è una cabina di regia. Attualmente abbiamo un paziente su tre che arriva ancora grave dopo cinque anni in cui si è data priorità ai pazienti più gravi. Questo ci fa capire che manca l’organizzazione. Ci vogliono risorse da parte di Stato e regioni. Più si cura e meno costa la terapia, più si cura e più persone possono guarire e costare anche meno per la sanità».