È quanto emerso durante i lavori del convegno “L’Europa e l’Italia nell’obiettivo dell’eradicazione dell’infezione da HCV”, svoltosi a Roma presso il Ministero della Salute. «Consiglierei ai medici di famiglia di far fare uno screening per l’Epatite C a tutti quei pazienti che hanno avuto dei fattori di rischio», sottolinea Adriano Pellicelli, direttore del Dipartimento Malattie del Fegato dell’Ospedale San Camillo di Roma
Eradicare il virus dell’Epatite C entro il 2030, è l’obiettivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) dopo il risultato raggiunto in Italia della riduzione del 65% delle morti per infezione di HCV. È quanto emerso durante i lavori del convegno “L’Europa e l’Italia nell’obiettivo dell’eradicazione dell’infezione da HCV“, svoltosi a Roma presso il Ministero della Salute che si è aperto con un messaggio inviato dal Ministro della Salute Giulia Grillo e al quale hanno partecipato numerose personalità tra cui il direttore generale dell’Aifa Luca Li Bassi.
«In Italia siamo riusciti a trattare 170mila pazienti grazie al Ministero della Salute e all’Aifa che hanno lavorato per abbattere il prezzo dei farmaci», spiega il professore Stefano Vella del Centro della Salute Globale dell’Istituto Superiore di Sanità. «L’obiettivo è quello dell’eliminazione, abbattere il numero delle nuove infezioni e soprattutto abbattere il numero di patologie correlate all’HCV. Noi vorremmo non avere più le cirrosi, non più trapianti. Si tratta però di un lavoro progressivo perché c’è molto sommerso, cioè persone che non sanno di avere questo virus».
Un obiettivo sempre più vicino anche grazie all’introduzione dei farmaci antivirali ad azione “diretta”. «I nuovi farmaci hanno un’efficacia altissima, – spiega ai nostri microfoni il professore Adriano Pellicelli, direttore del Dipartimento Malattie del Fegato dell’Ospedale San Camillo di Roma – considerate che ormai nel 97,7% dei casi possiamo eradicare il virus dell’Epatite C. Si sono perfezionati negli ultimi anni, tant’è vero che gli ultimi due farmaci usciti in commercio sono riusciti ad eradicare il virus. Il problema rimane quella piccola porzione di pazienti che non risponde a questi farmaci, si tratta di 2% di questi pazienti sul territorio nazionale».
Tuttavia, oltre 200mila italiani non sanno di essere affetti da Epatite C e il nostro Paese è tra quelli in Europa con il maggior numero di persone esposte al virus. «Consiglierei ai medici di famiglia – continua il professor Pellicelli – di far fare uno screening per l’Epatite C a tutti quei pazienti che hanno avuto dei fattori di rischio, per esempio coloro che in gioventù hanno fatto uso di sostanze stupefacenti oppure sono stati sottoposti a trasfusione prima degli anni ’90, quando le trasfusioni non erano correttamente testate. Oltretutto il grosso lavoro deve essere fatto da parte dei SerT, cioè i centri per la tossicodipendenza. C’è ancora molto lavoro da fare».