Chi soffre di epilessia può guidare? «Sì ma non deve avere crisi da un anno». A rispondere il Presidente della Lega Italiana contro l’Epilessia in occasione del 41° Congresso Nazionale
Le nuove generazioni, con molta probabilità, non sentiranno mai parlare di “piccolo male” o “grande male”, termini finora utilizzati, da medici e pazienti, per indicare delle forme più o meno gravi di epilessia. Presto, il vocabolario scientifico italiano sarà adeguato a quello internazionale.
«Lo scorso anno è stata redatta una riclassificazione, a livello mondiale, delle varie forme di epilessia – ha spiegato Oriano Mecarelli, presidente della Lice – Ora, la Lega Italiana Contro l’Epilessia sta lavorando ad una traduzione precisa di questi nuovi termini. Sarà a disposizione di tutti gli specialisti italiani entro la fine del 2018».
Per i pazienti, invece, questo lavoro di traduzione è già completato: «Esiste un opuscolo informativo – “La guida all’epilessia” – scaricabile dal sito lice.it, che contiene una versione adeguata alle esigenze del paziente».
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La riclassificazione della denominazione delle varie forme di crisi epilettiche e sindromi epilettiche è stato uno degli argomenti al centro del Congresso Nazionale della Lice, giunto quest’anno alla sua 41esima edizione. Esperti nazionali ed internazionali si sono confrontati anche su alcune criticità legislative, che persistono da molti anni, sulla norma che regola la possibilità per un epilettico di poter guidare l’auto.
«Il rilascio o il rinnovo della patente di guida – ha spiegato Mecarelli – è consentito a persone con epilessia purché ci siano i requisiti previsti dal decreto ministeriale del 2010-11 (attualmente si fa rifermento al decreto del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 27 ottobre 2010, ai successivi regolamenti attuativi contenuti del decreto legislativo del 18 aprile 2011 e alla circolare del Ministero della Salute del 25 luglio 2011, ndr). Questo decreto – ha aggiunto il presidente della Lice – ha molti meriti. Primo fra tutti quello di aver migliorato la precedente legge. Ma accanto a tante luci, qualche ombra resta. Nel decreto non è esplicitato con chiarezza chi ha l’obbligo di segnalare il soggetto che, pur non avendo i requisiti, continua a guidare. La condizione fondamentale è “non avere crisi da almeno un anno”. Va considerato, però, che molte persone quando ricevono la diagnosi di epilessia hanno già la patente. Questi individui, non rinunciando a guidare, costituiscono un pericolo per sé e per gli altri».
E allora cosa deve fare un neurologo di fronte ad un paziente già patentato al quale ha diagnosticato un forma di epilessia? Difficile rispondere con precisione: «La legge proprio su questo punto – ha sottolineato il Presidente della Lice – non è chiara. È per questo che la Lega Italiana contro l’Epilessia, intervenendo sulla questione, vuole stimolare sia la Società Neurologica Italiana, che il ministero, per definire meglio a chi spetta questo obbligo di segnalazione».
Per il professore Mecarelli questo dovere non potrà «sicuramente mai essere a carico del neurologo che, in quanto medico – ha sottolineato il professore – deve rispettare l’alleanza terapeutica e la privacy del suo paziente».
Limitazioni che, però, non gli impediscono di utilizzare il buon senso: «Il neurologo – ha detto il presidente Lice – pur non avendo questo obbligo, ha il dovere di consigliare ad un paziente a rischio di non guidare».
E la possibilità per uno specialista di trovarsi di fronte ad una situazione di questo tipo non è poi così rara: «Ogni anno si registrano tra i 30 e i 50 mila nuovi casi di epilessia. Dati epidemiologici precisi sulla diffusione della patologia – ha commentato Mecarelli – non ce ne sono. L’epilessia nei paesi sviluppati riguarda l’0,8-1% della popolazione. Facendo un calcolo a ribasso, in Italia è possibile ipotizzare che vivano circa 500 mila epilettici».
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Il problema più grosso non sta tanto nella diffusione della patologia, quanto nell’impossibilità di curarne alcune forme: «Con i farmaci attualmente a disposizione riusciamo a curare solo il 75% di tutte le epilessie. Del restante 25% fanno parte tutte quelle forme definite farmaco-resistenti. Una tale limitazione terapeutica – ha concluso il presidente della Lice – rende l’epilessia non una semplice patologia, ma un problema sociale piuttosto importante».