Venti giorni in ospedale e poi un lungo isolamento all’hotel Michelangelo di Milano, adibito alla quarantena dei malati Covid. «Periodo impegnativo, tanti effetti collaterali e un desiderio: riabbracciare gli amici e mangiare un gelato al parco»
Per 75 giorni positiva al Covid. Ericka Olaya Endrade, 43 anni colombiana, designer e consulente della comunicazione, finalmente a fine giugno ha avuto ragione sul virus ed oggi ha potuto lasciare la prigione a quattro stelle dell’Hotel Michelangelo di Milano per fare ritorno a casa.
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Clinicamente guarita da oltre un mese, la donna non poteva però lasciare la sua stanza perché positiva al tampone. Un periodo di isolamento interminabile che Ericka ha vissuto tra momenti di sconforto e speranza, sempre sostenuta dagli operatori sanitari e dal personale in servizio al Michelangelo.
«Sono diventata la mascotte ormai – commenta Ericka a Sanità Informazione in collegamento via Skype, gioiosa e finalmente sorridente nel suo ultimo giorno di reclusione –. Quello che lascio è un angolo della mia casa. Poco per volta mi sono fatta portare qui di tutto, cyclette compresa» ride, dopo un lungo calvario iniziato da oltre tre mesi.
«Quando sentivo gli amici pensavano che stessi trascorrendo un periodo di villeggiatura in compagnia di altri pazienti positivi, ma non è così – spiega -. Quello che ho fatto è un vero isolamento per un tampone che per ben sette volte è risultato positivo gettandomi in un tunnel di sconforto iniziato oltre tre mesi fa».
L’incontro con il Covid Ericka lo ha fatto a fine marzo, poi un ricovero in ospedale all’Istituto Clinico Città Studi a inizio aprile. Dopo venti giorni, le dimissioni e l’arrivo al Michelangelo dove ha affrontato una lunga quarantena che ormai sembra essersi lasciata alle spalle.
«A fine giugno finalmente è arrivato il primo tampone negativo ed ho iniziato a vedere una luce in fondo al tunnel. È stata dura accettare questo calvario – ammette Ericka ripercorrendo le interminabili giornate trascorse in isolamento – anche perché vedendomi, è difficile capire la mia sofferenza. Invece è stato un periodo molto impegnativo – precisa – con tanti problemi causati dalle medicine, che mi hanno lasciato degli effetti collaterali importanti sulla pelle e sui capelli. Poi, nel mio caso, questa situazione è diventata eterna e dunque sono subentrati problemi burocratici, come aggiornare la malattia presso il posto di lavoro, e psicologici, per il carico emotivo e la necessità di tranquillizzare amici e famiglia sulle mie condizioni di salute».
Il calvario è arrivato al termine. Oggi Ericka ha potuto riabbracciare l’amica accorsa ad attenderla: un momento commovente per il ritorno alla vita di Ericka e per gli operatori che in questi mesi hanno accompagnato oltre 500 persone verso la guarigione.
Nessuna, però, ha superato il record di 75 giorni toccato da Ericka. «Me ne vado con un primato che mi auguro nessuno debba superare, e con tanta gratitudine verso il personale medico, sanitario e logistico che in questi mesi ha sopportato le mie richieste e i miei momenti di crisi. Domani? Non vedo l’ora di mangiare una pizza e coricarmi sull’erba al parco con un libro, gustando un buon gelato». Ci regala un sorriso Ericka, mentre assapora finalmente la libertà.
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