È stata per 75 giorni paziente di un Covid Hotel a Milano; oggi ha perso il lavoro, ha la depressione, ma frequenta il percorso di ripresa all’ospedale Sacco per tornare a vivere
Perdita di capelli, stanchezza cronica, difficoltà nel leggere e scrivere e problemi cognitivi: un anno dopo aver affrontato la battaglia contro il Covid, per Erika, 43 anni colombiana rimasta venti giorni in ospedale e 75 in isolamento al Covid Hotel Michelangelo di Milano, l’incubo non è ancora finito.
«Il virus mi ha cambiato la vita. La fatica non mi abbandona mai e mi sento un’altra persona. Persino la struttura dei capelli e il colore dei denti non sono più gli stessi». È un fiume in piena Erika, mentre racconta come il Covid ancora condizioni la sua esistenza a dodici mesi di distanza. «Per venti giorni ho preso medicinali utilizzati per curare la malaria, oltre all’eparina e all’antibiotico, un mix che ha modificato anche il mio metabolismo. Così oggi mi ritrovo con dodici chili in più e con i sintomi della fibromialgia che sto monitorando con una app americana perché purtroppo nei primi mesi dopo le dimissioni dal Covid Hotel nessuno ha preso in esame i sintomi del long Covid che ho sviluppato».
Erika è arrabbiata, anche perché dopo essere stata 75 giorni in isolamento in attesa di un doppio tampone negativo, ha avuto la brutta sorpresa, all’uscita, di aver perso il lavoro. «Sono stata scaricata dall’azienda per cui lavoravo senza molte parole e così ho trascorso questo anno combattendo la depressione e i sintomi che via via si sono presentati e che ancora mi accompagnano, tanto che oggi la mia sindrome è diventata cronica».
Solo dallo scorso mese di aprile è entrata in un progetto per il recupero dei pazienti che hanno sviluppato la sindrome long Covid. «Dopo aver speso più di mille euro per visite specialistiche ed analisi, a fine settembre, quindi a 6 mesi dalla comparsa della malattia, mi è stato diagnosticato uno stress post traumatico ed ho saputo dell’esistenza di un percorso di recupero per gli ex malati di Covid che ho iniziato a seguire presso l’ospedale Sacco di Milano».
Oltre al danno la beffa arrivata puntuale dall’azienda presso cui prestava lavoro che non ha mandato avanti la pratica con l’assicurazione, il che non ha permesso ad Erika di avere il giusto risarcimento. «Per una mancanza di dialogo tra azienda e assicurazione mi sono giocata il rimborso, anche perché non sono mai stata chiamata per una visita». Lo stesso accade nel mese di dicembre quando Erika scrive ripetutamente all’Inail per incontrare un medico legale, ma non riesce ad arrivare all’obiettivo. La risposta dell’ente lo scorso mese di febbraio gela il sangue a Erika: «Caso sospetto Inps – spiega la donna –, il che significa che l’ente pensionistico mi ha pagato il periodo di assenza dal lavoro per la malattia e io non posso più fare ricorso». Si chiude anche questo capitolo senza trovare una soluzione.
Erika oggi due volte la settimana va al Sacco per cercare di rimettersi in forza e ritornare alla sua vita. «Ho ancora venti appuntamenti e mi auguro di riuscire a ritrovare me stessa quando mi guardo allo specchio. Ho una discromia sulla pelle del viso e zone della cute in cui i capelli faticano a crescere». Erika nonostante tutto è battagliera, alza la voce, cerca risposte anche attraverso altri pazienti che hanno avuto il Covid e che oggi hanno problemi analoghi. Siamo più di diciottomila e sulla pagina Facebook “Noi che il Covid lo abbiamo sconfitto” Erika si informa, dialoga, scrive e cerca risposte o semplicemente una parola di conforto.
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