Mentre “passano di moda” mascherine, green pass e vaccini, una lettera al direttore riapre una vecchia questione e lancia un monito per il prossimo autunno: qual è il vero ruolo di Mmg e pediatri di libera scelta nel concedere esenzioni e differimenti?
Mentre il flusso di agenzie batte lanci di mascherine che abbandoneremo anche al chiuso, ad attirare la nostra attenzione è curiosamente una mail che giunge alla casella della nostra posta di redazione. È una storia, in realtà un appello, così anacronistico da sembrare fuori luogo mentre ci apprestiamo a metterci alle spalle (o sotto la sabbia…?) il Covid e tutti i suoi fastidiosi orpelli: mascherine appunto ma anche green pass, tamponi, certificazioni e vaccini.
Paolo P., medico di medicina generale che chiede di rimanere anonimo, ci costringe, invece, a guardare indietro o, se preferite, a molto avanti, al prossimo autunno quando il tema, che oggi è il suo tema, potrebbe tornare di nuovo di forte interesse per tutti. E sì perché parliamo di esenzione del vaccino, una delle principali ricerche effettuate in questi mesi da milioni di italiani sul motore di ricerca del “dottor” Google. Ma le esenzioni possono darle solo i dottori veri, nello specifico medici di medici generale e pediatri di libera scelta. E quella che ci racconta Paolo, dunque, non è la sua storia, ma quella di migliaia di colleghi, che si augurano di non dover rivivere le stesse situazioni nel caso ce ne fosse di nuovo bisogno.
MMG e pediatri sono infatti incastrati in una normativa – il D.L. n. 44/21 (convertito con modificazioni dalla legge 28 maggio 2021, n. 76) – che li espone a richieste che nei mesi sono diventate «sempre più pressanti, rasentando minacce e aggressioni, perlomeno rimaste a livello verbali per quanto mi riguarda», racconta ancora il medico. Va ricordato che l’esenzione, così come il differimento, vanno concessi soltanto in presenza di specifiche condizioni cliniche documentate dall’assistito. La sensazione, invece, è che si pensi che ci sia un obbligo a rilasciare il certificato a chiunque ne faccia richiesta. Non è così, ed è importante chiarirlo a tutela anche del medico stesso.
«Si tratta infatti – come spiegano i legali di Consulcesi & Partners, a cui abbiamo chiesto un parere – di un documento in cui si attesta fatti direttamente percepiti od oggettivamente documentati. Qualora non si riscontri, in piena scienza e coscienza, il ricorrere delle condizioni previste per il rilascio dell’attestazione di esenzione, ovvero la mancata riconducibilità delle patologie rappresentate dall’assistito a quelle previste dalla regolamentazione sanitaria, il medico non è tenuto a rilasciarla, proprio per non incorrere, a sua volta, nella commissione dei reati previsti dal nostro codice penale. La validità dell’esenzione dipende infatti dalla specifica condizione clinica che ne ha giustificato il rilascio ed è indicata nella certificazione stessa».
Di recente, come fanno notare ancora i legali di C&P, è peraltro intervenuto il Consiglio di Stato che ha stabilito che “il medico di medicina generale che certifica il pericolo di un proprio paziente, che svolge la professione sanitaria, a somministrare il vaccino anti Covid-19 deve indicare la patologia di cui soffre l’interessato, e ciò in quanto il controllo demandato alla ASL – responsabile a verificare l’idoneità della certificazione all’uopo rilasciata – concerne pur sempre la certificazione del medico di medicina generale, la quale però, proprio perché costituente l’oggetto (diretto ed esclusivo) dell’attività di verifica della ASL, deve consentire all’Amministrazione di appurare la sussistenza dei presupposti dell’esonero”.
Eppure, scorrendo ancora il testo della mail giunta alla nostra redazione, il racconto introduce un nuovo personaggio: l’avvocato. In molti, infatti, si rivolgono a legali con il chiaro obiettivo di alzare la posta delle pressioni o ottenere addirittura più del previsto (e del consentito) addirittura ricorrendo a formali diffide. Come nel caso di un legale che chiedeva per il suo cliente il rilascio del certificato di esenzione, adducendo l’obbligo da parte del medico di base, senza neppure premurarsi di verificare che, nel frattempo, il quadro valutativo espresso dagli organi sanitari preposti era mutato al punto che la sintomatologia del suo cliente non soltanto non impediva più l’accesso al vaccino, ma addirittura lo raccomandava per una migliore salvaguardia delle proprie condizioni di salute.
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