Il presidente dell’Osservatorio nazionale amianto: «Secondo le stime, fino al 1992 sono stati circa 3 milioni i lavoratori esposti all’amianto a diverse intensità. Sono 600 mila, invece, coloro che consapevoli dei propri diritti hanno presentato domanda all’Inail e all’Inps per ricevere l’accredito delle maggiorazioni»
Rischiano di ammalarsi, da un momento all’altro, di una patologia asbesto correlata e, per questo, hanno diritto ad un’adeguata sorveglianza sanitaria ed al prepensionamento. Lo ha stabilito il tribunale di Bari con una recente sentenza emanata in favore di due dipendenti ex Alitalia. «I due lavoratori – spiega l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Ona, l’Osservatorio nazionale amianto – nello svolgimento delle loro mansioni hanno maneggiato materiali contenenti amianto ed hanno vissuto in ambienti di lavoro contaminati». I due dipendenti sono stati esposti alla fibra killer per un periodo complessivo, rispettivamente, di 25 e 34 anni. Per questo, il verdetto dei giudici di Bari non fa altro che applicare disposizioni di legge già vigenti, in particolare l’art. 13 comma 8 della Legge 257/92.
Alla luce di questa sentenza, l’Osservatorio nazionale amianto ha sollevato una vera e propria emergenza epidemiologica: «Considerando l’impatto dell’amianto in questo settore – sottolinea l’avvocato – si chiede il prepensionamento di tutte le maestranze, in particolare di quelli ex Alitalia, sia del personale di terra che di bordo, e di coloro che hanno svolto servizio nell’aeronautica sia civile che militare».
La vicenda che ha coinvolto i due dipendenti ex Alitalia non è un caso isolato, né tantomeno relegato all’aviazione. «L’esposizione all’amianto riguarda un numero enorme di lavoratori, non solo del comparto aereo, ma anche ferroviario, della marina e militare. Secondo le stime, fino al 1992 (anno in cui è stata emanata, in Italia, la legge n. 257 che ha messo al bando tutti i prodotti contenenti amianto), sono stati circa 3 milioni i lavoratori esposti all’amianto a diverse intensità. Sono 600 mila, invece, coloro che, consapevoli dei propri diritti, hanno presentato domanda all’Inail e all’Inps per ricevere l’accredito delle maggiorazioni contributive previste dalla legge, compresa la sorveglianza sanitaria», aggiunge il presidente Ona.
Le patologie asbesto correlate, incluse le neoplasie come per esempio il mesotelioma e il tumore del polmone, hanno dei tempi di latenza che variano dai 20 ai 40 anni dall’avvenuta esposizione. «Per questo – sottolinea Bonanni – saranno ancora molte le malattie diagnosticate nei prossimi decenni». Una lunga lista che si andrà ad aggiungere a quella già stilata dall’Ona e, in parte, anche nel VI rapporto ReNaM. «Secondo queste stime sono a quota 100 i casi di mesotelioma rilevati tra tecnici e piloti impiegati nel trasporto aereo e nel trasporto civile, con un tasso di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi che va dal 5 al 12%. I casi di tumori del polmone, nello stesso settore, sono circa 200, con incidenza di mortalità pari all’88% nei 5 anni dalla diagnosi. Numeri ai quali, considerando tutti gli atri tumori per amianto (laringe, faringe, stomaco, colon, etc.) – dice il presidente Ona – è necessario aggiungere almeno alti 100 decessi».
Se dal trasporto aereo e civile ci si sposta al complesso dei lavoratori esposti all’amianto, i numeri testimoniano in modo ancora più evidente quanto la situazione resti drammatica a quasi 30 anni dalla messa al bando, in Italia, dell’amianto. «Nel 2020 i morti per patologie asbesto correlate sono stati circa 7 mila. Un anno reso ancora più difficile dall’emergenza sanitaria in corso: gli esposti all’amianto caratterizzati da una particolare vulnerabilità polmonare – conclude – sono stati, e restano, tra le categorie più a rischio in caso di infezione da Covid-19».
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