Benigna (specialista in riproduzione assistita): «Dal 2014, in Italia, è possibile ricorrere all’ovodonazione eterologa femminile. In linea teorica è consentito donare i propri ovociti in maniera assolutamente gratuita ed altruistica, ma mancano le Linee Guida del Ministero» | LEGGI LO SPECIALE PMA
Dal 29 aprile potrebbe arrivare lo stop all’importazione di gameti per la fecondazione eterologa destinati a molti centri italiani, sia pubblici che privati. Che tradotto in cifre significherebbe rinunciare alla quasi totalità delle Procreazioni Medicalmente Assistite (PMA) eterologhe: in Italia, il 95% di queste fecondazioni vengono effettuate grazie ai gameti o embrioni importati dall’estero.
E chi sceglie questa strada, di solito, non ha molte altre alternative: «Si ricorre alla fecondazione eterologa femminile quando la riserva ovarica è ormai ridotta ai minimi termini, oppure – spiega Michela Benigna, specialista in riproduzione assistita di Institut Marquès a Roma, in collaborazione con Villa Salaria – quando la donna è affetta da endometriosi di stadio severo (terzo o quarto grado), o ancora quando la coppia ha eseguito più tentativi di fecondazione in vitro, almeno 4 o 5, senza successo. Ultima condizione per la quale è consigliata una tecnica eterologa è l’esito negativo di una diagnosi preimpianto, ovvero quando tutti gli embrioni ottenuti da una precedente tecnica di fecondazione assistita omologa siano risultati aneuploidi (cromosomicamente alterati)».
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Tutte le coppie che presentano una o più di queste condizioni – in Italia si stima siano oltre 6mila ogni anno – potrebbero dover rinunciare al loro desiderio di genitorialità sin dal mese prossimo. Il ministero della Salute, infatti, proprio in questi giorni, ha ricordato la scadenza del 29 aprile come data ultima per i centri di PMA di acquisire i certificati di conformità. Molti ne sono ancora sprovvisti per il mancato rispetto della tempistica nelle ispezioni da parte di Regioni e Enti. Un ritardo che per i pazienti che intendono sottoporsi ad una eterologa si traduce in sole due alternative: andare all’estero o ricorrere all’ovodonazione in Italia. La prima alternativa non è accessibile alle tasche di tutti; la seconda, invece, più che ad una soluzione assomiglia ad un miraggio. «In Italia – dice Michela Benigna – è possibile ricorrere all’ovodonazione eterologa femminile dalla seconda metà del 2014. In linea teorica è consentito donare i propri ovociti in maniera assolutamente gratuita ed altruistica, ma dal Ministero non sono ancora chiare le Linee Guida che consentono di attivare questo tipo di percorso. Di conseguenza, la maggior parte dei centri di PMA italiani che eseguono fecondazione di tipo eterologa femminile devono inevitabilmente rivolgersi a banche estere».
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«Il nostro Istituto, che dispone di una propria banca di ovuli, offre invece ai pazienti italiani la possibilità di realizzare una ovodonazione “a fresco” – sottolinea Benigna – senza dover viaggiare all’estero. Grazie alla donazione di ovuli a distanza, il medico realizza personalmente la selezione della donatrice idonea per ogni paziente, che effettuerà la stimolazione ed il pick up. La fecondazione in vitro si realizza quindi a fresco nel laboratorio di Barcellona, con gli ovociti della donatrice. Una volta fecondati, gli embrioni vengono vitrificati il quinto giorno di sviluppo (blastocisti) e mandati all’origine, in modo che il trasferimento dell’embrione possa essere effettuato in Italia».
La situazione non cambia se la coppia necessita di una donazione di liquido seminale: «Esistono situazioni in cui l’eterologa viene scelta per un’infertilità maschile – aggiunge la specialista in riproduzione assistita – e non sono poche. Anzi, negli ultimi anni, i casi di sterilità maschile sono addirittura aumentati. Cosicché, quando non è possibile reperire gli spermatozoi nel partner maschile nemmeno utilizzando le tecniche più avanzate, come il prelievo testicolare degli spermatozoi, è necessario ricorrere al seme di donatore. Le regole in vigore per i donatori maschili sono identiche a quelle previste per le donatrici. E di conseguenza per la maggior parte dei centri italiani l’approvvigionamento avviene attraverso banche estere, principalmente spagnole, greche o danesi. Altri centri, compreso il nostro – conclude Benigna – possono invece contare su una propria banca».