Firmato da Giuseppe Ippolito, riunisce 15 esperti da Europa e Stati Uniti. Si chiede di riflettere sui fallimenti dell’epidemia e preparare un nuovo sistema di allerta precoce
Un appello alle Istituzioni europee firmato da 15 scienziati provenienti da Italia, Francia, Usa, Germania, Portogallo e Regno Unito, e pubblicato su Nature da Giuseppe Ippolito. Una richiesta ai leader politici di potenziare la risposta sanitaria per non farsi trovare impreparati alla prossima epidemia.
Il direttore scientifico dell’INMI Spallanzani di Roma scrive da parte di Istituzioni sanitarie, agenzie governative e non e università. Tra i firmatari, nomi del calibro di Franco Locatelli dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù, università Sapienza di Roma e presidente del Consiglio superiore di sanità; Nicola Magrini dell’Agenzia italiana del farmaco; Raffaella Sadun dell’Harvard University di Boston; Antoine Lafont, dell’Hôpital Européen Georges-Pompidou di Parigi; Markus Maeurer del Champalimaud Centre for the Unknown di Lisbona; Gino Strada di Emergency; Rainer Meillicke, del Public Health Department di Siegburg in Germania; Alimuddin Zumla, dell’University College di Londra, e Michel Pletschette, dell’università di Monaco.
«La pandemia Covid-19 – si legge – ha evidenziato i fallimenti nell’attuazione delle disposizioni del trattato dell’Unione Europea per salvaguardare il benessere dei suoi cittadini. I leader europei hanno ora annunciato piani per riformare i sistemi sanitari pubblici dell’UE attraverso un pacchetto di recupero da 750 miliardi».
«A nostro avviso, servirebbe una strategia transdisciplinare che affronti le esigenze individuali, locali, regionali e globali. Dovrebbe essere istituito un centro di riferimento a livello europeo per le malattie infettive che hanno un potenziale epidemico, da incorporare nei piani nazionali di protezione sanitaria», è la richiesta degli scienziati. Una collaborazione, dunque, che non si attivi dall’inizio di un’emergenza, ma lavori sempre per evitarne una nuova.
«Le iniziative – si elenca nella lettera – includerebbero sorveglianza epidemiologica e sistemi di allerta precoce; cooperazione tra enti sanitari pubblici nazionali e internazionali; diffusione di linee guida tecniche e protocolli clinici per la gestione della malattia; coordinamento della ricerca; maggiore capacità di laboratorio per la rapida identificazione di nuovi patogeni; e funzionari della sanità pubblica formati e pronti a implementare test su larga scala, tracciamento dei contatti e misure di quarantena».
«Tali programmi dovrebbero collaborare con la proposta agenzia dell’UE per la ricerca e sviluppo biomedico avanzato e il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie», conclude.
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