Berardo (Coscioni): «Per i primi mesi del 2022 è attesa la discussione della legge sul fine vita. In primavera il referendum per l’abrogazione parziale dell’articolo 579 del codice penale sull’ “omicidio del consenziente”»
Mancava un’ora alla mezzanotte, era il 20 dicembre 2006 e Piergiorgio Welby veniva sedato e gli veniva staccato il respiratore. Oggi, a distanza di 15 anni esatti, le persone che soffrono le sue stesse pene hanno ancora solo quei pochi diritti di un tempo, nonostante si siano susseguite molte battaglie di altri malati terminali, delle loro famiglie, con il sostegno di numerosi cittadini e associazioni.
Presto potrebbe arrivare la svolta tanto attesa: il 2022 potrebbe passare alla storia come l’anno del pieno riconoscimento del diritto al suicidio medicalmente assistito. O, almeno, è ciò che sperano coloro che, da sempre, sono schierati in prima linea come i membri dell’Associazione Luca Coscioni. «Per i primi mesi dell’anno è attesa la discussione della Legge sul fine vita e per la primavera (in una domenica tra il 15 aprile e il 15 giugno 2022) dovrebbe essere indetto il referendum per l’abrogazione parziale dell’articolo 579 del codice penale sull’ “omicidio del consenziente”», spiega l’avvocato Rocco Berardo, dell’Associazione Luca Coscioni. Il quesito ha conquistato oltre un milione e duecentomila adesioni, due terzi delle firme sono state raccolte personalmente da otre 13 mila volontari su tutto il territorio nazionale.
«È dal caso di Piergiorgio Welby che si attende una legge sul fine vita in Italia. Ma non avendo ottenuto nessuna risposta esaustiva, in tutti questi anni, da parte delle Istituzioni, abbiamo deciso di puntare al referendum abrogativo. La storia ci ha insegnato che con l’intervento dei cittadini è davvero possibile cambiare le cose, così come accaduto con due altri temi di grande rilevanza sociale: il divorzio e l’aborto», dice l’avvocato.
Ma cosa cambierebbe, in concreto, con l’abrogazione parziale dell’articolo 579 del codice penale sull’ “omicidio del consenziente”? «Attualmente questa norma non è altro che un limite all’introduzione dell’eutanasia in Italia – spiega Berardo -. Un familiare o un amico che decida di aiutare materialmente una persona cara a porre fine alla sua vita, ad un’esistenza caratterizzata solo da pene, sofferenze e priva di qualsiasi forma di dignità, non è mai punito per “omicidio del consenziente”, ma per omicidio colposo. Con l’abrogazione parziale di questo articolo del codice penale i soggetti che, per “pietas”, compiranno questo gesto non saranno più né perseguibili, né condannabili».
Ed era “pietas” anche quella invocata da Piergiorgio Welby in una lettera inviata al Tg3, dodici giorni prima di morire: «Come già Luca Coscioni, a mio turno sono oggi oggetto di offese e insulti, di pensieri, parole, aggressioni alla mia identità ed alla mia immagine, quasi non bastassero quelle perpetrate al corpo che fu mio e che, invece, vorrei, per un attimo almeno, mi fosse reso come forma necessaria del mio spirito, del mio pensiero, della mia vita, della mia morte: in una parola del mio essere».
Parole che hanno ispirato anche la Legge sul fine vita, la cui discussione in parlamento dovrebbe riprendere nel mese di febbraio. «Sarebbe senz’altro un grande passo in avanti approvare un testo in materia di fine vita. Tuttavia – sottolinea Berardo – questa legge non è priva di limiti. Sono troppi i passaggi burocratici che prevede: ne abbiamo contati ben dieci. E tutti, a parte uno, non hanno alcuna scadenza temporale. Solo per uno di questi è previsto un limite di 30 giorni. Questo significa che tutti gli altri nove adempimenti potrebbero richiedere un tempo “indeterminato” che, anche nel migliore dei casi, sarebbe comunque un tempo troppo lungo per un malato terminale che, trascorrendo i suoi giorni tra limiti indescrivibili e sofferenze, di tempo “da perdere” – conclude l’avvocato – non ne ha».
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