Mediamente il 60% dei soggetti intervistati nella realtà condividerebbe la fake news proposta anche se solo poco più della metà la ritiene veritiera. Sono i risultati di uno studio finanziato dal Ministero della Salute e condotto dal CEIS-EEHTA, che ha analizzato l’impatto della disinformazione virale in ambito salute
Quando si parla di salute e prevenzione siamo davvero capaci di distinguere una bufala da una notizia vera? Quanto costa in termini sociali ed economici la disinformazione in ambito salute creata ad arte sui social network e sulla Rete da società specializzate nella costruzione di notizie false per scopi a dir poco opachi? Basta un titolo ammiccante o allarmista ed è subito “clic”, immediata parte la girandola delle condivisioni. Il controllo delle fonti? Non esiste, mentre sale il profitto di chi lucra sulla pelle dei cittadini.
Per capire meglio il fenomeno è nato il progetto di ricerca “Impatto delle Fake News in ambito sanitario”, finanziato dal Ministero della Salute e condotto dal CEIS-EEHTA (Economic Evaluation and HTA) della Facoltà di Economia dell’Università di Roma Tor Vergata, in collaborazione con la Kingston University di Londra.
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L’indagine ha coinvolto oltre 1.600 partecipanti, poi divisi in due gruppi. Uno in cui erano dichiarate le fake news con dei flag specifici e uno in cui le notizie false non erano indicate (flag/no flag). In entrambi i gruppi, le fake news sono state condivise, i risultati non hanno mostrato alcuna differenza.
Mediamente il 60% dei soggetti intervistati, nella realtà condividerebbe la fake news proposta anche se solo poco più della metà la ritiene veritiera. Dallo studio emerge cheiI 92,4% delle notizie false rilevate appartiene all’ambito dei vaccini, il 3,3% allo screening alla prostata, il 2,2% allo screening al colon-retto ed il 2,1% allo screening al seno.
«L’analisi ha ottenuto l’esito più preoccupante che potessimo auspicare» spiega il responsabile della ricerca, prof. Francesco Saverio Mennini, direttore EEHTA del CEIS, Facoltà di Economia dell’Università di Roma di Tor Vergata e Kingston University di Londra. «Conferma che una fake news appena viene diffusa sta già sta producendo i suoi effetti negativi. Da quel momento è libera di diffondersi a macchia d’olio. Diventa virale, nel senso più letterario del termine, e i cittadini perdono la capacità di comprendere se è vera o falsa. Anche le persone avvertite che si trattava di fake news, vedendole riproposte iniziavano a ritenerle meritevoli di condivisione.
Il progetto ha consentito di indagare gli effetti sociali ed economici delle bufale in sanità con particolare riferimento alla prevenzione», chiarisce. «Dai nostri test ultimati nel settembre 2019, un mese fa, le fake news sulle vaccinazioni sembrerebbero essere quelle con maggior rischio di condivisione e percezione di veridicità».
L’aumento vertiginoso delle fake news negli ultimi anni ha generato incertezza e preoccupazione nelle famiglie contribuendo alla riduzione dell’efficacia delle strategie preventive attuate dal Ministero della Salute. Tali effetti, non incrementano solo i rischi di diagnosi ritardata di patologie ad alta letalità (screening), ma generano anche un maggior numero di patologie croniche e acute con un aumento vertiginoso dei costi» dichiara Mennini.
Uno studio recente sugli screening (EEHTA del CEIS, 2019) ha dimostrato come lo screening per la mammella ha comportato una riduzione della spesa ospedaliera del 18%, grazie alla diagnosi precoce e alla presa in carico precoce, accompagnata da una riduzione della mortalità. Ancora, un recente studio (Altems, 2017) ha evidenziato come la mancata vaccinazione comporta un incremento dei costi sociali pari a 1 miliardo ogni anno. «Appare evidente, alla luce dei risultati della presente ricerca, che esiste un’esigenza impellente di implementare strumenti atti a contrastare le fake news e gli effetti distorsivi che generano. L’impatto economico e sociale di una notizia falsa, soprattutto in sanità, lo si paga spesso in vite umane» conclude l’autore della ricerca, Mennini.
Il progetto, che non è ancora concluso e che sarà pubblicato integralmente nelle prossime settimane, si propone di studiare l’impatto delle notizie false sulla percezione dei cittadini. Per farlo è stato usato lo stesso tipo di test, la cui validità è stata confermata, usato per analizzare come le fake news hanno influenzato la vittoria di Trump negli Usa.
Osservando le risposte per argomento, le fake news sulle vaccinazioni sembrerebbero essere quelle con maggior rischio di condivisione e percezione di veridicità. Se, quindi, la notizia fake veniva segnalata o meno a una prima visione, questo non comportava un effetto di riduzione alla diffusione. Quando la stessa notizia appariva una seconda volta già acquistava più credibilità, e la volontà di condividere quella fake news aumentava.
Per entrare nel dettaglio dello studio, nonostante circa il 60% degli individui condividerebbe la fake news proposta nella prima parte del questionario, poco più della metà la ritiene veritiera. Inoltre, nonostante nel secondo gruppo di soggetti (barre arancioni) venisse chiaramente segnalato la non veridicità di quella stessa domanda proposta nella prima sezione, il grafico mostra che non vi sia nessuna differenza della percezione della veridicità della news tra i due gruppi rispondenti.
Ancora, è stata condotta una specifica analisi sull’effetto della ripetizione delle fake news per individuare se la continua esposizione a tali news possa generarne un incremento del rischio di condivisione e percezione della veridicità. Esiste una tendenza più elevata di condivisione della fake news se questa è stata già letta da qualche parte. I soggetti che hanno già letto la fake news da qualche parte, poi hanno un rischio di percepirla vera molto più alto rispetto al gruppo che non ha mai sentito la notizia.