Salute 18 Luglio 2023 14:18

Farmaci che bloccano la pubertà. Endocrinologi VS psicoanalisti: «Consentono di avere più tempo per riflettere sulla scelta di cambiare sesso»

  Colao (SIE): «I farmaci bloccanti la pubertà in adolescenti con disforia di genere non sono in sperimentazione, ma autorizzati dal Comitato Nazionale di Bioetica e approvati dall’AIFA. Sono reversibili e riducono in modo significativo depressione, rischio suicidario e comportamenti autolesivi negli adolescenti trattati»       «Il trattamento con i farmaci bloccanti la pubertà […]

 

Colao (SIE): «I farmaci bloccanti la pubertà in adolescenti con disforia di genere non sono in sperimentazione, ma autorizzati dal Comitato Nazionale di Bioetica e approvati dall’AIFA. Sono reversibili e riducono in modo significativo depressione, rischio suicidario e comportamenti autolesivi negli adolescenti trattati»

 

 

 

«Il trattamento con i farmaci bloccanti la pubertà in adolescenti con disforia di genere non è in sperimentazione, ma è stato autorizzato dal Comitato Nazionale di Bioetica nel 2018 e approvato da una Determina dell’AIFA nel 2019, nonché sostenuto da raccomandazioni scientifiche anche internazionali e già ampiamente utilizzato nella pratica clinica». A fare chiarezza sull’utilizzo di trattamenti che bloccano la fase puberale, utilizzati per la disforia di genere, è Annamaria Colao, presidente della Società Italiana di Endocrinologia (SIE). Ad aprire il dibattito, nei giorni scorsi, sono stati alcuni esponenti della Società Psicoanalitica Italiana (SPI) che, in una lettera inviata al Governo, hanno espresso «grande preoccupazione» sull’impiego di questi farmaci, ritenuti inappropriati in un’età così precoce.

 

Endocrinologi VS psicoanalisti

Le affermazioni della SPI hanno diviso il mondo scientifico, scatenando un’immediata reazione della SIE, della Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia  Pediatrica (SIEDP), della Società Italiana Genere, Identità e Salute  (SIGIS), della Società Italiana di Pediatria (SIP) la Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità (SIAMS), e dell’Osservatorio Nazionale sull’Identità di Genere (ONIG). Insieme hanno sottoscritto una lettera indirizzata al Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e al ministro della Salute, Orazio Schillaci, sottolineando come «i trattamenti con farmaci bloccanti la pubertà sono reversibili, consentono di guadagnare tempo per riflettere in modo consapevole sulla scelta di cambiare sesso e sono in grado di ridurre in modo significativo depressione, rischio suicidario e comportamenti autolesivi negli adolescenti trattati».  Nella stessa lettera, inviata al Governo in risposta alle affermazioni degli psicoanalisti sul rischio di danni fisici e psichici dei farmaci bloccanti la pubertà nei bambini e negli adolescenti con disforia di genere, gli esperti hanno precisato che i farmaci vengono somministrati sempre in casi selezionati, approfonditi e studiati da un’equipe multidisciplinare, così come dettato dall’AIFA.

 

Qual è il farmaco che blocca la pubertà

Il farmaco oggetto della diatriba è il triptorelin, un terapia ormonale che, come tale, agisce interferendo con la produzione o con l’azione di particolari ormoni che l’organismo umano secerne naturalmente. «In particolare, il triptorelin – spiega la presidente Colao – interferisce con gli ormoni prodotti dalle ovaie e dai testicoli e, a seconda delle modalità e delle dosi di somministrazione, può rallentare o velocizzare la fase puberale, ovvero quel periodo di transizione dall’infanzia all’età adulta, in cui ogni individuo completa la maturazione sessuale in base al suo genere biologico».

 

A cosa serve il triptorelin

Questo farmaco, inizialmente utilizzato soprattutto ai fini diagnostici per indagare l’andamento della pubertà di un determinato individuo, oggi è sempre più usato anche con finalità terapeutiche. «Il triptorelin può, ad esempio – aggiunge la specialista -, essere somministrato a donne affette da carcinoma della mammella, per rallentare e controllare la crescita delle cellule tumorali nei casi di malattia avanzata, oppure per cercare di ridurre le possibilità che un tumore in stadio iniziale si ripresenti nelle pazienti che non hanno ancora raggiunto la menopausa. Ancora, in pazienti di sesso maschile con tumore della prostata, allo scopo di ridurre il volume della massa tumorale o rallentarne la crescita».

 

L’uso per la disforia di genere

Il triptorelin è poi utilizzato nell’ambito della disforia di genere per rallentare la fase puberale e il processo di fenotipizzazione tipico di questo periodo. «In questo modo, un ragazzo o una ragazza che viva in una condizione caratterizzata da una intensa e persistente sofferenza, causata dal sentire la propria identità di genere diversa dal proprio sesso, – sottolinea la presidente della Società Italiana di Endocrinologia -,  può avere più tempo a disposizione per decidere di sottoporsi ad un definitivo processo di transizione sessuale». Ovviamente, in questo caso, il farmaco viene somministrato dallo specialista competente in sinergia con un’équipe multidisciplinare, composta non solo da endocrinologi e pediatri, ma anche da psicologi e professionisti della salute mentale e di disforia di genere.

 

Perché scegliere di “bloccare” la pubertà

«La terapia con triptorelin può essere prescritta quando la pubertà è al II stadio di Tanner e può essere somministrata anche per l’intero periodo puberale, così come può essere sospesa senza particolari effetti collaterali. Grazie a questo farmaco il soggetto biologicamente di sesso maschile che voglia sottoporsi ad una transizione verso quello femminile, o viceversa, potrà partire da una condizione quasi neutra, non avendo ancora completato la maturazione sessuale tipica dell’età adulta. La transizione sarà così meno complessa e traumatica. Per questo, le affermazioni diffuse dalla Società Psicoanalitica Italiana rischiano di creare un allarme ingiustificato nei ragazzi con disforia di genere in cui è già presente una profonda sofferenza psichica legata anche al pregiudizio e allo stigma di chi nega che l’identità sessuale – conclude Colao – possa essere incongruente con il sesso assegnato alla nascita».

 

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