Il costo dei farmaci in questo campo aumenta: +1,4 miliardi in cinque anni. Ma la presidente dell’azienda farmaceutica rivendica l’importanza degli investimenti: «Se andiamo a vedere tutte le spese correlate al farmaco e tutto l’indotto, non solo i costi diretti ma anche i costi indiretti, scopriamo che in realtà la spesa per l’oncologia si è ridotta progressivamente nel corso del tempo»
«La spesa per l’oncologia, non per i farmaci oncologici, si è ridotta progressivamente nel corso del tempo». Nicoletta Luppi, Presidente e Amministratore Delegato dell’azienda farmaceutica MSD Italia, spiega a Sanità Informazione l’importanza di continuare a investire nei farmaci innovatici oncologici: «Se noi oltre ai costi diretti e indiretti andiamo a considerare tutti le spese assistenziali arrivando fino all’impatto dal punto di vista fiscale vediamo che in realtà nel contesto dell’oncologia, grazie all’innovazione, si assiste a dei risparmi», spiega Luppi. Secondo l’ultimo report Aifa per medicinali inseriti nel fondo per i medicinali innovativi non oncologici la spesa gennaio-ottobre 2018 è stata pari a 421,7 milioni di euro mentre per i medicinali inseriti nel fondo per i medicinali innovativi oncologici, la spesa gennaio-aprile è stata pari a 490,7 milioni di euro. I dati Aiom parlano chiaro: la spesa per i farmaci oncologici aumenta. I tumori costano circa 19 miliardi di euro ogni anno nel nostro Paese, le uscite per i farmaci equivalgono a 4,5 miliardi (il 25% del totale) con un incremento annuo di 400 milioni. Di contro, questi farmaci stanno permettendo un aumento dell’aspettativa e della qualità di vita per i pazienti. «Bisogna lavorare a una revisione della governance che non guardi più soltanto al costo dei farmaci ma guardi alla dimensione della patologia dalla prevenzione fino alla cura in tutto il percorso assistenziale del paziente nel suo insieme», continua la presidente di MSD Italia.
Presidente, uno dei temi caldi nella sanità è quello del costo dei farmaci anticancro: abbiamo visto che negli ultimi cinque anni il costo è salito da 3,6 a 5 miliardi. Il tema è la tenuta del fondo per i farmaci innovativi. Ci sono segnali di un aumento di questo fondo?
«Il discorso relativo al costo dei farmaci è sicuramente vero per quanto riguarda i farmaci nuovi che sono di più recente introduzione, però dobbiamo considerare diverse componenti. Innanzitutto parliamo per la prima volta di allungare l’aspettativa di vita da poche settimane ad anni, perché siamo arrivati a cinque anni di sopravvivenza libera da altre forme di complicanze e in buona salute, quindi con una buona qualità della vita. Innanzitutto stiamo parlando di questo: cosa c’è oggi e cosa non c’era prima. Per quanto riguarda il costo stiamo parlando anche in questo caso di spesa farmaceutica, di spesa relativa al farmaco. In realtà se noi andiamo a considerare soprattutto negli ultimi anni, a partire dal 2015 a oggi, dal momento in cui è stata introdotto questa rivoluzione scientifica, che è un vero e proprio rinascimento scientifico nel campo dell’oncologia che speriamo possa essere estesa presto a più indicazioni per offrire più speranza a più pazienti con diversi tipi di cancro, noi dovremmo andare a vedere tutte le spese correlate al farmaco e tutto l’indotto legato al farmaco, non solo i costi diretti ma anche i costi indiretti, quindi osservare tutto il corso del paziente. E noi con non poca sorpresa vediamo che in realtà la spesa per oncologia, non per i farmaci oncologici, si è ridotta progressivamente nel corso del tempo. Se noi oltre ai costi diretti e indiretti andiamo a considerare tutti le spese assistenziali arrivando fino all’impatto dal punto di vista fiscale vediamo che in realtà nel contesto dell’oncologia grazie all’innovazione si assiste a dei risparmi. Ovviamente però la domanda è: quanto dobbiamo allocare per il farmaco? Perché se il farmaco è virtuoso e fa risparmiare altre risorse, oltre che regalare vita e qualità di vita ai pazienti, dobbiamo allocare ovviamente in maniera appropriata quello che serve affinché la speranza possa essere vera per tutti i cittadini. Al momento il fondo per gli innovativi è bastato, bisogna mettersi lì, ragionare da un punto di vista di previsione della spesa per vedere se grazie alle nuove indicazioni per i farmaci attualmente disponibili o piuttosto rispetto ai nuovi farmaci che saranno introdotti, questo fondo nel tempo sarà ancora sufficiente, ma io credo che parallelamente a questo andrebbe fatto un lavoro di value based del care, ovvero andare invece a ragionare in termini olistici su tutto quello che riguarda la spesa per i malati oncologici e quindi lavorare a una revisione della governance che non guardi più soltanto al costo dei farmaci ma guardi alla dimensione della patologia dalla prevenzione fino alla cura in tutto il percorso assistenziale del paziente nel suo insieme».
Voi siete in prima linea nella ricerca per le nuove terapie anticancro. Oggi si parla tanto di immunoterapia. Cosa ci aspetta nel futuro da questo punto di vista?
«Il futuro in realtà è già un futuro prossimo, e ha ragione quando dice che noi siamo in prima linea sul fronte dell’oncologia perché noi siamo l’azienda farmaceutica che investe più di tutti in ricerca e sviluppo. Investiamo il 20% del nostro fatturato, circa 8 miliardi di dollari l’anno e per esempio, anche solo per il nostro pembrolizumab, che è il nostro immunoncologico, siamo partiti con diversi trial, attualmente abbiamo in pipe line 850 trial per lo sviluppo di diverse indicazioni. Che cosa c’è da aspettarci? Sicuramente quello di continuare a sviluppare i farmaci esistenti nell’immunoncologia per vedere future indicazioni e quindi diversi tipi di cancro verso i quali possiamo pensare di apportare la soluzione così come abbiamo già fatto, ad esempio, nel melanoma e nel polmone. Poi abbiamo anche diverse partnership in atto con altri meccanismi di azione, altri farmaci che hanno la prospettiva di contribuire ad arricchire l’armamentario di medici e pazienti per poter far sì che anche il cancro possa essere quanto meno, non so se sconfitto, ma quanto meno possa avere diverse soluzioni terapeutiche che possano allungare la vita in ottima qualità. E poi continuiamo ad investire in prevenzione, perché noi abbiamo anche dei farmaci che in realtà sono vaccini per prevenire diverse forme di cancro, per esempio tutte quelle correlate al papillomavirus, che sono ben sei tipi di cancro, piuttosto che l’epatite B e anche in questo prevenire è meglio che curare. Nell’ottica della sostenibilità se davvero tutti riuscissimo a cancellare, eliminare, eradicare alcune forme di cancro grazie alle vaccinazioni, credo che per la società sarebbe un grande passo in avanti e soprattutto questo è uno degli obiettivi più importanti dell’Organizzazione mondiale della sanità. Anche perché agire in prevenzione significa per esempio avere come effetto collaterale positivo ridurre anche quel fenomeno tristissimo dell’antibiotico resistenza che farà sì che se oggi noi non corriamo ai ripari nel 20150 in Europa la prima forma di morte in Europa non sarà il cancro ma quella legata all’antibiotico resistenza».