Nel 2018 sono stati autorizzati all’immissione in commercio nove nuovi medicinali, per un totale di 95. Diminuisce il tempo di approvazione: da 35 a 11 mesi. Polistena (CREA Sanità): «Serve meccanismo redistributivo per evitare che Asl con più abbiamo difficoltà di budget»
Sono detti “farmaci orfani” perché destinati alla cura di malattie talmente rare da non consentire la realizzazione, da parte delle aziende farmaceutiche, di ricavi che permettano di recuperare i costi sostenuti per il loro sviluppo. Ma sono fondamentali per tutti quei pazienti che lottano ogni giorno contro una malattia rara.
Nel 2° Rapporto dell’Osservatorio farmaci orfani (OSSFOR) presentato a Roma emerge un quadro positivo dello stato di salute del settore. Nel 2018 sono stati autorizzati all’immissione in commercio nove nuovi medicinali, per un totale di 95 farmaci orfani commercializzati in Italia. E a livello nazionale si registra una significativa riduzione dei tempi del processo di approvazione negli ultimi anni: tra autorizzazione Ema e determina di prezzo e rimborso, si passa infatti da 35 mesi nel triennio 2003/2005, a 11 mesi nel triennio 2015/2017. Per quanto concerne i costi per il Servizio sanitario nazionale, la spesa media annua pro-capite dei malati rari esenti è compresa nel range 4.217-5.384 euro.
Il documento si avvale delle analisi dei database amministrativi regionali: dopo quelli della Regione Lombardia e della Puglia contenuti nel 1° Rapporto, quest’anno si è sviluppata una collaborazione con la Regione Campania. I dati della Campania, essendo più recenti, contengono anche i casi riconosciuti con i nuovi Livelli essenziali di assistenza.
«La distribuzione difforme sul territorio – ha dichiarato Federico Spandonaro, Presidente di Crea Sanità – giustifica da una parte la centralizzazione dell’offerta di strutture e di competenze, e dall’altra indica l’esistenza di un problema di concentrazione del rischio finanziario, nella misura in cui le risorse alle ASL sono ripartite per quote capitarie medie. Quindi – prosegue Spandonaro – oltre agli aspetti già richiamati in relazione alla concentrazione epidemiologica, in termini di presa in carico va sottolineata l’esigenza di riconoscere approcci differenziati in funzione della numerosità dei casi e delle patologie».
«Nel rapporto emergono tante informazioni estremamente interessanti. Innanzitutto emerge un settore in salute, un settore che sta crescendo, che continua ad offrire opportunità terapeutiche. Abbiamo circa una decina di nuovi farmaci a disposizione – spiega a Sanità Informazione Francesco Macchia, Coordinatore OSSFOR – Un 18% di utilizzo in più di questi prodotti e quindi vuol dire più pazienti trattati e una spesa media pro capite per malati rari che tutto sommato si attesta su una quota che è in equilibrio con un paziente con due comorbidità. Più o meno si spende per un malato raro tra i 4 e i 5mila euro all’anno. Una spesa che complessivamente non è così ampia. Chiaramente c’è differenza tra le varie malattie rare, ci sono dei picchi e ci sono degli ambiti in cui si spende meno ma la spesa media per le malattie rare non è così alta come si pensa».
Per Macchia è fondamentale che la politica non tolga gli incentivi al settore: «Da quella che è la nostra indagine emerge un settore in crescita ma ancora estremamente fragile, in cui le aziende sono ancora piccole e investono quantità importantissime del loro budget nella ricerca. Quello che chiediamo alla politica è di mantenere una stabilità di quelle che sono le tutele e gli incentivi che attualmente esistono per il settore delle malattie rare. Questi incentivi esistono a livello internazionale e a livello nazionale da circa dieci anni. Hanno dato l’opportunità di passare da 10 a 100 terapie disponibili, quindi una opportunità di cura straordinaria per pazienti che non avevano una alternativa terapeutica. Se oggi come si vocifera si andasse a rivedere questo criterio per i farmaci orfani si rischierebbe di fare un enorme passo indietro e di invertire questo sistema virtuoso».
«Esiste una forte variabilità all’interno delle regioni, una variabilità che arriva al 100% – afferma Barbara Polistena, Responsabile dell’area di farmaco-economia e statistica sanitaria di CREA Sanità, OSSFOR – Quindi i pazienti vuoi per ragioni di offerta, perché probabilmente in alcune Asl la rete di offerta è migliore, vuoi per ragioni familiari perché spesso sono patologie genetiche quindi più soggetti affetti da una malattia rara si concentrano in alcune Asl. Questo può creare problemi di budget all’interno di una Asl perché le Asl sono finanziate a quota capitaria. Quindi è necessario un meccanismo redistributivo che fa sì che comunque non ci siano poi problemi di accesso ai servizi dei pazienti legati al fatto che quel paziente costi molto. Esistono casi di malattia rara con costi elevati e deve esistere in qualche modo una sorta di assicurazione regionale o possibilmente anche nazionale per fra sì che i costi della gestione siano redistribuiti sul territorio trattandosi di pazienti in numero limitato».