Il presidente di Federfarma-Sunifar: «Grazie ai grandi sforzi compiuti dai titolari delle farmacie rurali il servizio è omogeneo su tutto il territorio nazionale»
Il 63% delle farmacie offre il servizio Cup pubblico, gratuito nell’85% dei casi. Quasi 9 su 10 partecipano alle campagne di prevenzione promosse da Asl e Regioni, il 44% ad iniziative per pazienti cronici. È questa la fotografia scattata da Cittadinanzattiva, in partnership con Federfarma e con il supporto non condizionato di Teva, attraverso il “I rapporto annuale sulla Farmacia”.
Per tutto il 2018, 1.275 farmacie italiane, di cui una su quattro dislocata in aree interne, hanno partecipato ad un’indagine volta a chiarire alcune questioni fondamentali: la percezione dei cittadini e dei farmacisti rispetto ai servizi offerti, il ruolo reale della farmacia all’interno del SSN e quello a cui ambiscono i professionisti del settore.
«Dal Rapporto emerge un servizio farmaceutico piuttosto omogeneo su tutto il territorio nazionale – ha commentato Silvia Pagliacci, presidente di Federfarma-Sunifar -. Una soddisfazione anche per i titolari delle farmacie delle aree più interne, ai quali vengono riconosciuti gli sforzi compiuti per offrire prestazioni analoghe a quelle delle farmacie di città».
Le pagine del Rapporto rivelano una categoria di professionisti piuttosto giovane: la fascia di età più rappresentativa va dai 25 ai 34 anni. Il 97% dei lavoratori segue in modo regolare corsi di aggiornamento per svolgere con il massimo delle competenze un ruolo che non si limita più alla sola dispensazione dei farmaci.
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Glicemia, colesterolo totale, trigliceridi, sono le analisi più diffuse in farmacia. Più in generale, il 78% fornisce prestazioni analitiche, come test e esami diagnostici e nel 64% anche accertamenti di secondo livello con dispositivi strumentali.
Accanto ai farmacisti è possibile, anche se non frequentemente, trovare altri professionisti come infermieri e fisioterapisti (in 6 farmacie su 100) e degli psicologi (nel 12% delle farmacie).
Un capitolo è stato dedicato all’analisi delle farmacie delle aree interne: la comunicazione diretta con il medico, in caso di criticità o scostamento dal piano terapeutico definito, è risultata maggiore che in altre zone. Ma proprio per la loro collocazione geografica non mancano le difficoltà: «La prima criticità emersa – ha spiegato Pagliacci – è legata alle problematiche che il farmacista deve affrontare. I titolari rurali vivono in queste zone interne a volte per scelta, altre anche per obbligo, perché la farmacia non può essere spostata. E quindi, si ritrovano con tutta la famiglia a condurre una vita lontano dai centri maggiori. La seconda criticità – ha aggiunto la presidente di Federfarma-Sunifar – riguarda l’approvvigionamento dei farmaci. Il farmacista rurale deve avere un’oculatezza maggiore al momento dell’approvvigionamento per evitare che le popolazioni delle aree interne restino sprovviste di alcuni farmaci. La terza criticità riguarda la connessione internet: dove manca, la ricetta dematerializzata fatica un pochino di più a viaggiare, ma grazie all’impegno dei titolari anche questo ostacolo viene il più delle volte sormontato».
Questo primo Rapporto mette in luce anche delle contraddizioni: le farmacie rappresentano un punto di riferimento soprattutto per malati cronici o anziani e, nonostante questo, sono spesso escluse o poco coinvolte nei servizi territoriali. Le Asl che si fanno supportare dalla professionalità dei farmacisti per il servizio di assistenza domiciliare integrata (ADI) ) rappresentano solo il 7% del totale.
Già nel 2009, con la normativa sulla farmacia dei servizi, si puntava verso una farmacia in grado di garantire la sostenibilità del Sistema Sanitario Nazionale, di diminuire le diseguaglianza territoriali in termini di erogazione dei servizi e di portare la sanità più vicina alle persone. Oggi, a distanza di quasi un decennio, così come rilevato da questo primo Rapporto, molte di queste potenzialità restano inespresse.