«Undici regioni operative, nove in ritardo sull’implementazione del fascicolo; per superare questa frammentazione, proponiamo una collaborazione interregionale attraverso le nostre società in-house». L’intervista a Mauro Moruzzi, Responsabile scientifico eHealth Assinter Academy
Il Fascicolo Sanitario Elettronico è nato per raccogliere e conservare dati, documenti, informazioni sanitarie e cliniche di ogni cittadino in formato digitale. Il Decreto Legge n. 179/2012, ad opera della L. n.98/2013, stabilisce l’introduzione del Fascicolo in tutte le Regioni italiane ma la situazione attuale si manifesta molto frammentata. Lombardia, Emilia-Romagna, Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige hanno lavorato in modo effettivo allo sviluppo del FSE; al contrario, Campania, Sicilia, Calabria non hanno ancora provveduto a garantire concretamente questo servizio ai cittadini ed anche in altre Regioni si registrano ritardi.
Assinter Italia è l’Associazione delle Società per l’Innovazione Tecnologica nelle Regioni; Mauro Moruzzi, come Responsabile scientifico di Assinter Academy, descrive lo stato di attuazione e diffusione del fascicolo sanitario elettronico, e presenta, ai microfoni di Sanità Informazione, la sua proposta per accelerare il processo su tutto il territorio nazionale.
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Fascicolo sanitario: quali sono le prospettive di Assinter? Su questo tema c’è disparità sul territorio?
«Direi che c’è una grande disparità tra nord e sud. Il fascicolo sanitario elettronico è legge dello stato dal 2012-2013, è stato perfezionato nell’ultimo decreto del 2013. La legge recita che tutti i cittadini ne hanno diritto a partire dal 31 dicembre del 2015. Stiamo parlando di un diritto acquisito, oggi, soltanto in un certo numero di regioni: Lombardia, Emilia-Romagna, Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige. È vero che sono stati attivate decine di milioni di fascicoli sanitari elettronici in Italia, però sappiamo anche che c’è una parte consistente della penisola che è rimasta scoperta e questo, accade in gran parte nelle regioni del sud: Campania, Sicilia, Calabria, regioni con milioni di abitanti. La sensibilità sull’argomento sta rapidamente aumentando: undici regioni italiane sono già operative e le altre nove registrano un ritardo dovuto anche ad una carenza della governance nazionale. Il fascicolo è realizzato dalle regioni ma doveva essere maggiormente supportato dal Ministero della Sanità e da altre strutture centrali, pur riconoscendo ad AgID (Agenzia per l’Italia Digitale ) il fatto di aver predisposto tutte le specifiche».
Come si risolve questo problema?
«Noi una proposta l’abbiamo: il circuito delle nostre società in-house pubbliche, che rispondono alla Regione, potrebbe essere in gran parte delegato a dialogare con tutte le Regioni italiane e a trasferire nel circuito la tecnologia che è stata realizzata. Questo è un fatto che accelererebbe il processo, evitando che una regione come la Sicilia, tra cinque anni, non abbia ancora il fascicolo sanitario elettronico».
Il fascicolo sanitario contiene una mole di dati che per vincoli giuridici non possono essere utilizzati per finalità di ricerca. Come si può ovviare a questo problema rispettando quello che è il limite etico?
«La legge prevede che i dati del fascicolo sanitario elettronico possano essere utilizzati per la cura individuale e personale del cittadino con il suo consenso e possano essere utilizzati per la ricerca epidemiologica e per la governance del sistema in modo anonimo. Mi sembra una legge molto chiara, ovviamente risponde alle regole del garante nazionale ed europeo della privacy e non vedo un grande ostacolo ad utilizzare questi dati. Noi possiamo garantire degli algoritmi che fanno un’estrapolazione di tutti i dati ai fini di poter governare il rapporto tra quello che chiedono i cittadini e quello che effettivamente forniamo, garantendo l’anonimato. Allo stesso tempo, se il cittadino lo consente, possiamo utilizzare tutti i dati della sua vita e compararli con quelli generali per avere una medicina sempre più personalizzata. Ovviamente, stiamo parlando di un modello di sanità diverso da quello del passato, basato sul modello cartaceo-burocratico, quando i flussi delle SDO arrivavano due anni dopo. È sufficiente uno sguardo all’economia per avere il quadro della situazione: questo ipad viene prodotto in bit in California e realizzato in atomi in Cina, ormai sono due mondi paralleli: il mondo dei bit e il mondo degli atomi. La sanità dovrà abituarsi a fare altrettanto».