I dati del registro ETNA-AF-Europe sono stati pubblicati su European Heart Journal e indicano che l’incidenza di ictus, embolia sistemica e sanguinamento maggiore è bassa nei pazienti con fibrillazione atriale trattati con edoxaban nella pratica clinica quotidiana
«I risultati di un anno di follow-up in Europa indicano che l’incidenza di ictus, embolia sistemica e sanguinamento maggiore è bassa nei pazienti con fibrillazione atriale non valvolare trattati con edoxaban nella pratica clinica quotidiana. I dati di ETNA-AF-Europe (Edoxaban Treatment in routiNe clinical prActice in patients with nonvalvular Atrial Fibrillation) sono stati appena pubblicati sull’autorevole rivista European Heart Journal – Cardiovascular Pharmacotherapy. Si rafforzano così le evidenze scientifiche sulla sicurezza e l’efficacia di edoxaban anche per i pazienti più fragili». È quanto si legge in una nota.
«ETNA-AF – spiega il comunicato – è uno studio osservazionale, multinazionale, multicentrico, post-autorizzazione, di 13.092 pazienti europei, e ad oggi è il più grande studio prospettico, non interventistico, che studia un singolo anticoagulante orale non antagonista della vitamina K (NAO) in pazienti con fibrillazione atriale valvolare (FANV). Sebbene l’uso dei NAO nella pratica clinica stia diventando sempre più lo standard di cura con numerosi registri e analisi retrospettive, prima di ETNA-AF i dati su edoxaban erano limitati».
«I risultati rilevati in ETNA-AF-Europa ora completano quelli riportati da altri studi osservazionali con gli altri NAO – ha spiegato Paulus Kirchhof, MD, direttore del Dipartimento di Cardiologia dell’University Heart and Vascular Centre UKE di Amburgo e professore di Medicina Cardiovascolare dell’Institute of Cardiovascular Sciences presso l’Università di Birmingham -. I punti di forza di questo studio includono l’ampia dimensione del campione, una durata di 4 anni, il disegno prospettico, un contesto internazionale che comprende 10 Paesi e la mancanza di espliciti criteri di esclusione. La bassa incidenza di ictus, sanguinamento maggiore e morte dimostrano che l’anticoagulazione con edoxaban, in linea con quanto osservato con gli altri NAO, è uno strumento efficace per ridurre esiti seri nei pazienti con fibrillazione atriale».
«Si ritiene – aggiunge il comunicato – che l’avanzare dell’età, l’aumento di comorbilità e la fragilità, aumentino i rischi tromboembolici ed emorragici nei pazienti con fibrillazione atriale (FA). Il set di dati ETNA-AF-Europe dimostra un’incidenza bassa e costante di emorragia intracranica in pazienti anziani e giovani con FA. L’incidenza complessiva di emorragia maggiore, ictus ed embolia sistemica, nonché di mortalità per tutte le cause, è stata considerata bassa e crescente in modo lineare nel periodo di follow-up di un anno:
«I risultati osservati in ETNA-AF-Europe sono in linea con quelli della coorte di etnia non asiatica dello studio ENGAGE AF-TIMI 48. Compresi quelli di ETNA-AF-Europe, i dati raccolti finora rafforzano la capacità di edoxaban di migliorare gli outcome nei pazienti anziani e fragili. In particolare – viene specificato -, l’interruzione permanente a un anno è stata relativamente bassa (9,1%) rispetto ad altri registri; ad esempio in uno studio simile di sicurezza post-autorizzazione (PASS) con un differente NAO, è stata rilevata un’interruzione del 20,1% a 1 anno».