Nuove speranze per chi soffre di fibromialgia: una ‘tuta’ dotata di elettrodi per la stimolazione di specifici gruppi nervosi e muscolari potrebbe ridurre il dolore e i disturbi associati alla malattia. La fibromialgia o sindrome fibromialgica è una malattia cronica che si caratterizza proprio per la comparsa di dolori muscolari diffusi in assenza di segni di infiammazione e spesso in associazione ad altri sintomi, come affaticamento, disturbi del sonno, deficit di memoria e concentrazione.
Pur senza giungere a una risoluzione, la ricerca negli ultimi anni ha compiuto importanti passi avanti: ha identificato terapie che possono aiutare a gestire i sintomi e chiarito alcuni possibili meccanismi alla base della patologia. In particolare, sembra che a causare il dolore cronico possa essere una compromissione del modo in cui il cervello processa lo stimolo doloroso. È a questo livello che agisce la ‘neurotuta’.
Il dispositivo, sviluppato in Germania, è composto da una giacca e dei pantaloni in cui sono distribuiti 58 elettrodi di stimolazione che agiscono specificamente sui gruppi muscolari di tutto il corpo. Utilizzando impulsi elettrici a bassa frequenza, la tuta stimola nervi e muscoli allo scopo di interrompere o modificare i segnali del dolore inviati dai nervi al cervello e, in tal modo, riduce la percezione del dolore e altri sintomi associata alla fibromialgia. I benefici della ‘neurotuta’ sono stati descritti in uno studio pubblicato sullo European Journal of Pain.
La sperimentazione, condotta all’ospedale universitario Henri Mondor, a Créteil, alle porte di Parigi, ha coinvolto 33 persone. I pazienti hanno indossato la tuta un’ora al giorno per circa un mese. A partire dalla seconda settimana i ricercatori hanno riscontrato una riduzione del dolore del 14% che è arrivata fino al 25% dopo quattro settimane. Miglioramenti sono stati riscontrati anche nella capacità di svolgere le normali attività quotidiane: un indice finalizzato a misurare questo aspetto (il Fibromyalgia Impact Questionnaire) è migliorato del 21% al termine dello studio. È cresciuta, invece, del 54% la qualità di vita e si è ridotta del 12% la presenza di sintomi depressivi.
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