La legge sul suicidio medicalmente assistito, approvata in prima lettura alla Camera, scontenta il presidente della Consulta di Bioetica Maurizio Mori, che in passato aveva anche presentato un progetto di legge sull’eutanasia: «La Consulta poneva come condizione essenziale per accedere il dolore insopportabile, non necessariamente la malattia a prognosi infausta. Questa legge, invece, chiede una malattia a prognosi infausta»
«Questa legge, così com’è, rende troppo complicato accedere alle procedura per la morte volontaria medicalmente assistita, è un passo indietro rispetto alla sentenza della Consulta». Non è soddisfatto Maurizio Mori, professore di Filosofia morale e bioetica all’Università di Torino e Presidente della Consulta di Bioetica, da anni promotore dell’inserimento nel nostro ordinamento dell’eutanasia, tanto da aver presentato anche una proposta di legge di iniziativa popolare sul tema.
La legge approvata alla Camera in prima lettura a larga maggioranza, che disciplina la morte volontaria medicalmente assistita, è un testo «troppo restrittivo» per Mori che contesta anche l’introduzione dell’obiezione di coscienza dei medici e rende troppo difficoltoso l’accesso per chi la richieda: «Nel fine vita la vulnerabilità ha criteri diversi e le troppe clausole protettive la aumentano, invece di tutelarla» spiega il professore.
«È un testo che secondo me non risponde alla sentenza della Corte costituzionale sul caso DJ Fabo. È troppo restrittivo, fa rientrare dalla finestra ciò che la Corte costituzionale ha cacciato dalla porta».
«La Corte ha riconosciuto che non siamo obbligati a vivere. Se uno se ne vuole andare può farlo anche se la Corte ha introdotto una cintura di protezione, le famose quattro condizioni. Nello specifico una condizione essenziale è il dolore insopportabile, non necessariamente la malattia a prognosi infausta. DJ Fabo non aveva una malattia a prognosi infausta. In questa legge invece non è così e addirittura prima di accedere bisogna fare la richiesta di cure palliative. Quando si è in quelle circostanze, quando il dolore è insopportabile il tentativo di ulteriore tutela a favore della vita è, in realtà, un modo per abbattere ancora di più chi è già molto fragile».
«Il referendum era tale che, secondo la Corte, allentava troppo queste ormai note cinture di protezione. Il fatto è che un conto è tutelare chi ha un momento di sconforto evitando che abbia accesso troppo facilmente alla procedura, un altro è mettere così tanti ostacoli che alla fine una persona è portata a fare scelte diverse, come ha fatto il regista Mario Monicelli»
«Una sciocchezza, non so nemmeno se sia costituzionale. La Corte costituzionale ha bocciato l’idea che bisogna essere sempre, in qualunque circostanza, per la vita. Nella legge 219 del 2017 sulle DAT è stato chiarito che i medici, nelle circostanze indicate nelle disposizioni anticipate di trattamento, devono sospendere le cure e rispettare la volontà delle persone».
«No, le cattive leggi sono terribili. Anzi, questa legge alla fine porterà ai soliti discorsi della doppia morale».
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