Il presidente Anelli invita a usare l’esperienza come un insegnamento. I medici morti per Covid lavoravano a Napoli e Roma. Nursing Up protesta contro i nuovi contagi tra infermieri: 10 in 72 ore
«Si ricomincia», è il commento lapidario e sofferto del presidente della FNOMCeO, Federazione nazionale Ordini dei Medici, Filippo Anelli. Negli ultimi giorni, dopo qualche tempo, sono tornate notizie di morti per Covid-19 tra le fila dei medici.
Due i camici bianchi che hanno perso la vita di recente. Ernesto Celentano, medico di famiglia a Secondigliano e in zona Foria e Giovanni Briglia, 50 anni, otorino all’Ospedale San Camillo di Roma. «Siamo vicini alle famiglie – continua Anelli – e siamo preoccupati che queste scomparse segnino l’inizio di una nuova fase. La speranza è che le esperienze che abbiamo vissuto nella primavera scorsa si trasformino in insegnamento».
Ernesto Celentano è deceduto per aver fatto il suo lavoro, come tanti altri medici. Aveva probabilmente contratto il virus da uno dei suoi pazienti (a cui aveva tolto i punti di sutura), poi risultato positivo. Si è spento all’Ospedale Cotugno di Napoli ed era molto amato dalla sua comunità. «Non abbiamo mai sperato in una nuova fake news come stavolta… invece è vero! Le nostre condoglianze alla famiglia di un medico che ha lottato in prima linea pagando questa scelta a caro prezzo», scrive l’associazione “Nessuno Tocchi Ippocrate”.
Giovanni Briglia aveva solo 50 anni, lavorava come otorino al San Camillo di Roma. Rispettato dai colleghi e dai suoi pazienti, si è spento allo Spallanzani mercoledì scorso. Era stato al sud a trovare i genitori e lì aveva contratto il virus, non è mai tornato a lavoro da allora. «L’Ospedale San Camillo – si legge sul sito – ha perso un professionista stimato ed apprezzato, i suoi pazienti un punto di riferimento “unico” per la tutela della loro salute». «Penso che, seppur in un momento di particolare complessità come questo, sia importante scongiurare il rischio più grande. Ovvero quello dell’oblio, e che anche il ricordo di una persona vicina e cara possa essere sovrastato dalle ansie del nostro quotidiano», conclude il direttore della struttura ospedaliera, Fabrizio D’Alba.
In questo momento difficile, in cui si ricomincia a sentire di operatori sanitari contagiati, anche gli infermieri si fanno sentire. Il sindacato Nursing Up avverte: «Non possiamo più nasconderci, siamo entrati di nuovo in guerra». Alla fine del mese scorso, ricorda il presidente Antonio De Palma, 20 operatori risultavano contagiati. Ora, nelle ultime 72 ore, arrivano 8 casi dall’Ospedale Cardarelli di Campobasso (Molise) e due da Reggio Calabria.
«Dieci colleghi contagiati in un lasso di tempo così breve non può essere un dato da sottovalutare», invita De Palma, ricordando anche le carenze di personale in Lombardia, e il caso Campania già noto, insieme alle sorprese Molise e Valle d’Aosta. «Ai governanti diciamo: lasciateci fare quello che sappiamo fare meglio, difendere la salute dei cittadini. Ma non fateci combattere disarmati e a mani nude», conclude.
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