Il presidente del partito guidato da Lorenzo Cesa illustra a Sanità Informazione le sue priorità in ambito sanitario. E rilancia l’allarme sulla carenza di medici: «14 milioni di italiani rischiano di rimanere senza medici. Servono maggiori finanziamenti alle Scuole di Medicina e rivedere la programmazione ministeriale dei posti nelle Scuole di specializzazione medica»
Il senatore Antonio De Poli è un politico di lungo corso. Oggi è presidente dell’Unione di centro guidata da Lorenzo Cesa, ma in passato è stato europarlamentare e assessore alle Politiche Sociali della Regione Veneto, oltre che sindaco di Carmignano del Brenta (Padova), sempre per lo scudocrociato. A Palazzo Madama approda nel 2006, nella turbolenta legislatura del secondo governo Prodi, riconfermato nel 2008 e nel 2013, divenendo anche Questore del Senato. È candidato per la lista “Noi con l’Italia – Udc” nel collegio senatoriale di Padova. Ha particolarmente a cuore il tema della carenza dei medici: «Servono maggiori finanziamenti alle Scuole di Medicina e rivedere la programmazione ministeriale dei posti nelle Scuole di specializzazione medica» afferma a Sanità Informazione.
Noi con L’Italia – UDC si presenta come forza moderata ancorata ai valori cattolici, come più volte ribadito dal segretario Lorenzo Cesa. Come si coniuga questo nell’ambito della Sanità? Qual è il provvedimento più urgente da adottare sul tema nella prossima legislatura?
«Nel solco dei nostri valori vogliamo fortemente garantire il diritto alla salute, attraverso azioni concrete, un intervento strategico nella triplice dimensione: preventiva, curativa e riabilitativa. Bisogna investire sul personale, migliorare i servizi (ridurre le liste di attesa), facilitare l’accesso alle cure. Saranno questi gli impegni che porteremo al prossimo Governo. Ricordiamo che il Fondo sanitario nazionale è aumentato in valore assoluto di 900 milioni ma, purtroppo, in parallelo, sono aumentate anche le spese per le Regioni: il Governo ha infatti stabilito l’obbligo per le Regioni di fornire farmaci innovativi e oncologici ad alto costo. Infine, bisogna intervenire per ridurre le liste di attesa. Far passare 120 giorni (4 mesi) per una mammografia non è da paese civile. Il problema delle liste d’attesa crea un divario enorme tra chi può permettersi di ricorrere alla medicina privata e chi invece non può. C’è chi rinuncia a curarsi o chi è costretto a indebitarsi. Secondo il CENSIS 31 milioni di italiani si sono trovati intrappolati nelle liste d’attesa: il 72% di questi al Sud».
Pochi giorni fa uno studio Fimmg – Anaao ha lanciato l’allarme sulla carenza di medici che potrebbe verificarsi in futuro a causa dei pensionamenti: si calcola che nei prossimi 5 anni verranno a mancare 45mila camici bianchi. Condivide l’allarme e cosa si potrebbe fare per fronteggiare questa emergenza?
«Condividiamo l’allarme anche perché i dati sono preoccupanti: il 40 % dei medici andrà in pensione nei prossimi 10 anni, con il rischio della desertificazione delle corsie. Il primo passo per fronteggiare questa emergenza è bilanciare i pensionamenti con nuove assunzioni, migliorare l’assistenza territoriale e puntare soprattutto sulla formazione dei medici. Secondo le proiezioni, infatti, 14 milioni di italiani rischiano di rimanere senza medici. Servono maggiori finanziamenti alle Scuole di Medicina e rivedere la programmazione ministeriale dei posti nelle Scuole di specializzazione medica. Laureiamo 8500 medici e ne specializziamo 6.500! Basterebbe colmare questa incongruenza e portare i contratti di specializzazione a 8.500 e in 5 anni avremmo recuperato 10.000 specialisti, compresi i medici di medicina generale!».
Il tema dei vaccini è entrato in pieno nel dibattitto politico di questa campagna elettorale. Su questo tema sembrano esserci sensibilità diverse all’interno del centrodestra. Qual è la posizione di Noi con L’Italia UDC sul tema?
«Questo è un tema che non va strumentalizzato in campagna in elettorale. Serve responsabilità. Noi stiamo dalla parte dei medici e della scienza e soprattutto siamo favorevoli affinché si trovi una soluzione a tutela della salute dei cittadini. Sulla questione dell’obbligo riteniamo che possa esserci un supplemento di riflessione visto che, ad esempio, in Veneto – che è la Regione dove io vivo – non è previsto ma nonostante ciò c’è una copertura di vaccinazioni molto alta. Per questo bisogna intervenire ed avviare un’azione culturale per tutelare la salute dei nostri figli».