«Abbiamo ottenuto il rinnovo di tutta l’alta diagnostica» spiega Quintavalle che ha partecipato al convegno “Gestione del rischio e PNRR”. Sulla sanità territoriale: «Serve una nuova concezione dell’ospedale di comunità o non avremo nulla di nuovo». A Tor Vergata previsto anche adeguamento sismico e una nuova sezione radiologica
Dopo tanti anni alla guida della Asl Roma 4, quella che copre il territorio nord della provincia, Giuseppe Quintavalle è passato l’anno scorso a dirigere uno dei più grandi Policlinici della Capitale, quello di Tor Vergata.
Una sfida che coincide con il passaggio dalla fase finale della pandemia Covid a quella di rilancio e riorganizzazione della sanità, in particolare dell’assistenza sanitaria territoriale finanziata con i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Formazione del personale e nuova concezione degli ospedali di comunità sono le chiavi per una riforma che sia davvero funzionale alle esigenze della sanità del futuro, secondo Quintavalle, che ha partecipato al convegno “Gestione del rischio e PNRR” che si è svolto presso l’Aula Magna Fleming del Policlinico. «Dobbiamo rendere efficienti gli ospedali di comunità, il PNRR è un prestito, non dimentichiamocelo. Distretto e territori ora incominciano a parlare con gli ospedali in una logica di prossimità e di effettiva presa in carico dei pazienti» ha detto Quintavalle nel corso del convegno.
«Non mi aspetto ulteriori risorse, l’Italia sta passando un momento delicato. Quello che mi aspetto è che ci sia una formazione integrata, permanente, che faccia comprendere ai nostri operatori come si lavora in queste nuove strutture. L’ospedale di comunità, se non lo intendiamo con una nuova concezione, non è altro che l’ospedale di comunità che già esisteva nel 1992. Un ospedale di comunità deve comprendere la presa in carico, prevedere dei collegamenti tra ospedale e territorio, sapere quali persone e con quali tempi debbano essere curate, deve essere sempre relazionato alla presa in carico, al percorso diagnostico terapeutico che non è solo clinico assistenziale ma anche diagnostico e di umanizzazione delle cure. È uno degli aspetti che non va mai trascurato. Dobbiamo costruire un percorso individuale terapeutico per ogni singolo cittadino».
«È una realtà molto positiva, ci sono persone che appartengono a questa struttura dall’inizio, da quando è stata fondata, è stata una novità rispetto alle varie Asl dove ho operato. C’è molto da fare ma devo dire che in questo anno abbiamo iniziato a recuperare sulla produzione e questo lo si può fare solo se c’è del personale motivato, come appare essere, dando però loro anche fiducia che vuol dire investimenti, tecnologia e PNRR».
«Abbiamo ottenuto il rinnovo di tutta l’alta diagnostica. Abbiamo 28 grandi apparecchiature, erano 27 e ora abbiamo avuto un’ulteriore PET. Si va a legare anche agli ulteriori arrivi, il Decreto Legge 34, che ci potenzia sotto altri profili: una nuova sezione radiologica e altre strutture presso il Pronto soccorso. A questo si aggiunge anche un adeguamento sismico necessario per un consolidamento: noi siamo i fortini della salute, dobbiamo essere sempre pronti ed agire sulla sismicità è importante. Poi abbiamo due moduli di ospedale di comunità per un totale di 40 posti e una Centrale Operativa Territoriale. La formazione del personale non può non entrare in gioco: medici e operatori sanitari del futuro devono concepire la fruibilità dei servizi in maniera diversa».
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