Tra i temi del XXXVII Congresso del Sindacato Nazionale Autonomo dei Medici Italiani che si svolge a Sorrento anche quello della carenza dei medici. «Chiediamo che quando un medico si iscrive a Medicina abbia poi la certezza di potersi specializzare», sottolinea Testa
“Il medico di medicina generale nel XXI secolo”. Guarda al futuro il XXXVII Congresso nazionale dello SNAMI, il Sindacato Nazionale Autonomo dei Medici Italiani, che si svolge dal 25 al 28 ottobre a Sorrento. Una sfida che il presidente Angelo Testa, che si ricandiderà per un quarto mandato, ha voluto cogliere interpretando le esigenze e le aspirazioni dei medici, soprattutto quelli di Medicina generale. Senza dimenticare le tante problematiche sul tavolo: la carenza di camici bianchi destinata ad acuirsi nei prossimi anni, il blocco delle assunzioni, il numero chiuso alla Facoltà di Medicina e l’imbuto formativo, i tanti dottori che scelgono l’estero o vanno nel privato. E poi la sfida delle tecnologie, con cui ormai i medici devono confrontarsi quotidianamente, e della riforma della formazione dei medici MMG allo studio del governo: «Noi chiediamo da tanto tempo – spiega Testa a Sanità Informazione – di recuperare quella parte di categoria che sta lavorando senza corso di formazione nella Medicina generale facendo sostituzioni, guardie mediche notturne e festive, facendogli fare il corso, magari togliendo l’incompatibilità e allungando gli anni e su questo sembra che il Ministero ci stia seguendo».
Quali saranno le tematiche principali che saranno affrontate in questo Congresso?
«Le tematiche principali verteranno soprattutto sulla professione. Andremo a parlare di quello che sarà il rinnovo contrattuale, l’accesso alla scuola di formazione, del numero chiuso alla Facoltà di Medicina».
A proposito di formazione, si sta parlando molto della formazione dei Medici di famiglia. Lei come valuta la proposta che il Ministero si accinge ad attuare?
«È una proposta che in alcuni punti è già stata modificata, sono state anche accolte delle nostre posizioni. Sicuramente è un inizio. Bisogna cominciare a parlare di formazione: è inutile che continuiamo a dire che mancheranno medici di famiglia se poi non ci prepariamo a creare quelli nuovi. La cosa migliore sarebbe che le Regioni dessero tante borse quante ne servono: mancano 10 posti, diamo 10 borse. Questo non sta avvenendo e bisogna trovare una soluzione. Noi chiediamo da tanto tempo di recuperare quella parte di categoria che sta lavorando senza corso di formazione nella Medicina generale facendo sostituzioni, guardie mediche notturne e festive, facendogli fare il corso, magari togliendo l’incompatibilità e allungando gli anni e anche su questo sembra che il Ministero ci stia seguendo. Ci sono altre cose da limare. Siamo all’inizio della strada, anche perché questo corso di formazione ormai è in partenza, dunque si agirà su quello del prossimo anno. Ben venga che il Ministero finalmente abbia preso coscienza che c’è questo problema e che bisogna affrontarlo».
Quali sono le vostre richieste alla politica: c’è il problema della carenza dei medici che potrebbe acuirsi nei prossimi anni…
«Noi chiediamo di aumentare i posti all’università, non di liberalizzarli ma aumentarli in modo programmato, in modo da avere nuovi medici nei prossimi anni da specializzare. Chiediamo che quando un medico si iscrive all’università di Medicina abbia poi la certezza di potersi specializzare. Non possiamo permetterci di avere medici che si iscrivono, fanno sei anni, costano alle famiglie e allo Stato un bel po’ di soldi e poi non possono specializzarsi perché non ci sono le borse nelle specialità o nei corsi di formazione MMG. Quindi devono entrare tanti medici quanti ne servono. Quei tanti che entrano devono essere certi in una specialità in un corso di formazione per poter lavorare: è fondamentale ma questa è programmazione che non dobbiamo fare noi ma devono fare i Ministeri della Pubblica Istruzione e della Salute e vorremmo capire perché non l’hanno fatta. Viene da chiedersi: non hanno voluto o non hanno saputo? In entrambi i casi mi spaventa la risposta».
Voi siete favorevoli ad abolire il numero chiuso?
«Noi siamo favorevoli a far entrare quanti ne servono. Non si può pensare di far entrare un decimo dei medici che servono e nemmeno far entrare tutti quello che vogliono entrare. Bisogna dare più possibilità alle persone di entrare e pensare ad un sistema alla tedesca: quindi dove c’è più possibilità per tutti non solo con il test di ingresso ma anche con altre situazioni di poter entrare».
Il titolo del vostro congresso è “Il medico di famiglia del XXI secolo” ma quale caratteristica deve avere il medico di famiglia del XXI secolo?
«Dev’essere un medico di famiglia che non si dimentica da dove arriva per sapere dove va. Non dobbiamo perdere quello che è stato il medico di famiglia, il medico che è partito dalle condotte, è passato dalle mutue ed è arrivato al medico di base: è sempre stato un medico cui la famiglia si rivolge per consulti, per la quotidianità. Deve anche diventare un medico tecnologicamente avanzato perché logicamente deve affrontare il futuro. Non deve però diventare un piccolo specialista ma restare un medico di famiglia. Nelle città in un modo, nei paesi un altro: abbiamo due sanità completamente diverse tra quella rurale e quella metropolitana. Dev’essere un medico che guarda molto indietro per ricordarsi cos’era e per spingersi in avanti».