Dal Ministero viene ribadito che non ci sarà nessuna sanatoria. La deputata Cinque Stelle, studentessa in Medicina generale, commenta la proposta di riforma del sindacato dei medici di famiglia: «Così si rischia di allontanare nuovamente i medici dall’ingresso nel mondo del lavoro»
«Ben vengano le proposte dei sindacati sul tema della formazione in Medicina generale. Temo però che la proposta Fimmg di un percorso cosiddetto “1 + 2” con un anno di master aperto e due di corso di formazione rischi di allontanare ancora di più i medici dall’ingresso nel mondo del lavoro». Rosa Menga, deputato del Movimento Cinque Stelle, da poco membro della Commissione Affari Sociali e studentessa del corso di formazione in Medicina generale, commenta così la proposta della Fimmg di riforma del corso di formazione in Medicina generale, una riforma che ha presentato sul nostro giornale il Segretario del sindacato Silvestro Scotti e che è stata al centro del 75esimo Congresso Fimmg che si è svolto a Chia, in Sardegna. Una proposta che non convince appieno Menga e che rischia a suo giudizio di «scoraggiare ulteriormente una categoria che meriterebbe di avere un accesso nella rete dell’emergenza-urgenza territoriale che sia sentito, che rispecchi le attitudini, che non sia un obbligo o l’unica alternativa per non restare tagliati fuori dal mondo del lavoro». Intanto la proposta del governo viene rilanciata e spiegata dal deputato M5S e medico Sandro Tuzi sul suo account Facebook. Quattro sono i punti chiave: lavoro e formazione assieme, stop alle incompatibilità per i corsisti, garanzia per loro di un posto a tempo indeterminato, stipendio, versamenti pensionistici, copertura malattia infortunio e gravidanza per le colleghe; incremento di 2mila posti senza borsa per iniziare a formare i medici già in servizio da anni che operano nei settori della medicina generale e abbiano superato l’esame di ammissione al corso di formazione; semplificazione nell’attivare corsi part time abolendo i vincoli a intervallare periodi a tempo pieno; allineamento alla norma europea per riconoscere riduzioni del percorso per formazione certificata già in possesso. E – sottolinea il parlamentare – nessuna sanatoria.
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Onorevole Menga, lei è membro della Commissione Affari Sociali della Camera e anche medico di base in formazione. C’è stato recentemente il Congresso FIMMG da cui sono emersi alcuni temi e alcune proposte. Una di queste prevede un percorso di formazione cosiddetto “1+2”, con un anno di master che possa aprire alla medicina d’urgenza e due anni di formazione in medicina generale. Cosa ne pensa?
«Posto che tutti i sindacati, così come la FNOMCeO, sono liberi di portare avanti le proprie richieste e di sollevare questi utili spunti di riflessione che saranno sicuramente oggetto di dibattito sui tavoli ministeriali, penso che la proposta presenti delle criticità: il fatto di prevedere uno scorporamento del triennio formativo in uno più due anni da un lato allontana nuovamente i medici in formazione dall’ingresso nel mondo del lavoro, quindi ancora una volta li chiama a una scelta tra il continuare a formarsi oppure essere inseriti nel mondo del lavoro. In pratica stiamo chiedendo ai medici che abbiano voglia di lavorare nella rete dell’emergenza-urgenza territoriale di rinunciare al prosieguo del percorso di formazione con i successivi due anni che previo accesso e superamento del concorso consentirebbero loro di acquisire il titolo di formazione specifica. Stiamo chiedendo loro di rinunciarvi per poter iniziare a lavorare nella rete dell’emergenza o nell’ambito della medicina penitenziaria. Oltre a chiedere questo sacrificio stiamo anche in qualche modo andando a creare un bacino, un ricettacolo quasi di medici che non avendo avuto la possibilità di accedere alla specializzazione né al corso di formazione in medicina generale purtroppo debbono ripiegare su questo precorso, su questo master della durata di un anno per non restare un ulteriore anno fermi dopo tutti gli anni di studio che hanno alle spalle per aver conseguito la laurea e l’abilitazione. Quindi stiamo in qualche modo scoraggiando ulteriormente una categoria che meriterebbe di avere un accesso nella rete dell’emergenza-urgenza territoriale che sia sentito, che rispecchi le attitudini, che non sia un obbligo o l’unica alternativa per non restare tagliati fuori dal mondo del lavoro».
Intanto la Conferenza delle Regioni su impulso del Ministro ha predisposto 840 borse in più per il corso MMG per un totale di 2093 posti. Poco ma sicuramente un primo passo per risolvere il problema della carenza dei medici di famiglia…
«Sicuramente, un primo e importante passo che credo abbia anche ottenuto il parere favorevole dei sindacati e della FNOMCeO. Solo purtroppo una goccia nel mare perché è stato un risultato importante del nostro governo, un qualcosa che non si era mai visto e che non era mai neanche stato ipotizzato dai governi precedenti. Ma che come misura presa singolarmente non è purtroppo sufficiente a sanare quella che è la grave carenza nel settore della Medicina generale e che quindi da sola senza il ricorso a misure di urgenza, perché di vera e propria urgenza si tratta, non è ahimè sufficiente a risolvere il problema».
Cambiando argomento, un altro dei temi di cui si parla è quello dei piani terapeutici, cioè della possibilità da parte dei medici di famiglia poter prescrivere delle medicine al di fuori del piano terapeutico dello specialista su determinate patologie come ad esempio il diabete. Pensa che si possa andare in questo senso?
«Questa senz’altro come medico in formazione e come futuro medico di famiglia è una proposta che mi vede favorevole perché qualsiasi cosa che vada nella direzione di ridare una maggiore autonomia decisionale ad un medico che si è formato in maniera specifica in quel settore che è quello dell’assistenza primaria e di ridargli quindi una dignità e una autonomia di scelta nel suo operato e nella messa a punto di un programma terapeutico per il proprio paziente non può che ricevere il nostro plauso. Quindi senz’altro è una proposta su sui occorre riflettere precisando che va operato un distinguo su singole categorie di farmaci e non ritengo sia opportuno eliminare il piano terapeutico per tutte le categorie di farmaci comprese quelle di più recente introduzione che magari necessitano anche della supervisione specialistica e di un medico che sia formato anche nell’utilizzo di quelle particolari categorie di farmaci».
Infine il numero chiuso: se ne parla ormai da diverso tempo, ogni anno ritornano le polemiche, il ministro Grillo è intervenuto e ha detto che sostanzialmente si pensa di andare oltre. Da parlamentare ma anche da ex studentessa che ne pensa?
«È una sollecitazione che colgo a più riprese dai futuri colleghi e soprattutto dai loro familiari che sono preoccupati dal fatto che il loro figlio non possa liberamente scegliere il mestiere che farà un domani perché quella del medico dovrebbe essere una missione, dovrebbe essere consentito a tutti di poterla espletare e quindi di poter accedere agli studi universitari. Non è solo una questione di costituzionalità o meno del numero chiuso ma anche in qualche modo di incoraggiare i giovani a scegliere il percorso che più prediligono, anche questa è meritocrazia. Senz’altro è allo studio del nostro ministero una revisione del numero chiuso, ma non può prescindere da un percorso che tenga conto di tempistiche che vedono come prioritario l’intervento sull’imbuto successivo che probabilmente è quello ancora più frustrante e ancora più grave ed è quello dell’accesso al mondo delle specializzazioni o al corso di formazione in medicina generale. Se pensiamo di poter aprire il numero chiuso senza prima aver sanato l’aspetto ancora più allarmante dei medici che restano esclusi da questi percorsi formativi non faremmo che aggravare il problema. Quindi per noi è prioritario concentrarsi sulla formazione post-laurea e poi senz’altro come nostro obiettivo avremo anche quello dell’accesso al mondo dell’università e al corso di laurea in medicina».