Il documento adottato dai Ministri riconosce la necessità di incrementare l’accesso ai servizi per la salute fisica e mentale ai migranti. Al summit, focus specifico sulle cure per bambini e donne che hanno subito violenza
«Riconosciamo che alcuni fattori correlati all’ambiente contribuiscono all’aumento dei flussi migratori». «I fattori legati al clima e all’ambiente possono aggravare i rischi sanitari esistenti e creare nuove minacce. Esempi di ciò includono la migrazione internazionale». «Cercheremo di incrementare l’accesso ai servizi per la salute fisica e mentale ai migranti, rifugiati, alle popolazioni in situazioni di crisi e l’appropriata assistenza». Sono frasi estratte del documento finale condiviso da tutti gli stati partecipanti al G7 Salute, che si è concluso nei giorni scorsi a Milano. Si è parlato anche di migrazioni quindi al summit, riuscendo a raggiungere un accordo tra i grandi della Terra sull’interconnessione tra fattori legati al clima e all’ambiente e i flussi migratori.
«È stato uno degli aspetti su cui c’è stata maggiore vicinanza tra tutti i Paesi», ha commentato il Ministro Lorenzin alla conferenza stampa conclusiva del summit. «Ovviamente abbiamo parlato anche delle problematiche riguardanti la salute dei migranti e in particolare la Germania ha evidenziato i problemi legati alla salute mentale dei bambini e delle donne che hanno subito violenza. Abbiamo ovviamente parlato dei grandi flussi legati alla mancanza di acqua e di cibo e dell’organizzazione sanitaria dei Paesi di origine dei migranti. Senza dimenticare poi il tema delle vaccinazioni, della sanificazione dell’acqua e di tutte le questioni legate ai fattori climatici», ha concluso il Ministro.
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«Sono pienamente d’accordo con quanto ha detto il Ministro Lorenzin – prosegue il Commissario alla Salute dell’Unione Europea Vytenis Andriukaitis -. L’Unione Europea è impegnata ad agire insieme a tutti gli Stati Membri per affrontare i problemi e le difficoltà attinenti alle questioni migratorie. Abbiamo dato assistenza tecnica, finanziaria e sanitaria e aiutato i Paesi in cui era difficile accedere all’assistenza primaria».
Poi ci sono i Paesi che accolgono i migranti, che «devono trattarli come fratelli e sorelle perché sono esseri umani come noi», puntualizza Andriukaitis. E in questi casi c’è il problema delle barriere culturali, religiose e linguistiche. Dobbiamo quindi vedere come possiamo assistere i Paesi di accoglienza e fornire quindi un’adeguata formazione a coloro che li assistono e li aiutano».
E proprio della formazione dei medici che si interfacciano con i migranti che risiedono nel nostro Paese si occupa, tra le altre cose, l’Osservatorio Internazionale per la Salute, il cui Presidente Francesco Aureli era presente a Milano per seguire da vicino i lavori del G7: «Affrontare il tema delle migrazioni è particolarmente difficile con gli americani. Nonostante questo il nuovo Executive Director del World Food Programme è un americano dell’amministrazione Trump, ma ha appena fatto uscire un rapporto sull’insicurezza alimentare collegata alle nuove migrazioni. Questo è un tema essenziale che costituisce una spinta e una pressione fortissima soprattutto dall’Africa Subsahariana. Quello dell’insicurezza alimentare è un tema che sta entrando nel dibattito sulle migrazioni e sul quale, come Osservatorio Internazionale per la Salute, ci stiamo adoperando», conclude Aureli.
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