Gastroenterologi e reumatologi a Congresso per una strategia di uscita dalla terapia con farmaci biologici nelle malattie infiammatorie croniche reumatiche e gastroenterologiche
«Come ogni anno, abbiamo cercato di focalizzare i punti cruciali per adeguare il trattamento e le modalità di contatto tra i diversi specialisti». Così il presidente della Società Italiana di GastroReumatologia (SIGR) Bruno Laganà a margine del VI Convegno Nazionale.
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«Abbiamo focalizzato molto l’attenzione – prosegue – sugli aspetti patogenetici correlati al microbioma intestinale, sulle scelte terapeutiche dovute non solo ad aspetti terapeutici ma anche economici». Ne sono un esempio i farmaci biosimilari. Secondo i dati del Rapporto OSMED 2018, la spesa farmaceutica territoriale complessiva in Italia è stata pari a 20.8 mld di euro (-1% rispetto al 2017); la spesa pubblica territoriale (12,4 mld di euro) ha rappresentato il 60% della spesa e ha fatto segnare un – 4%, rispetto all’anno. In questo quadro di contenimento della spesa, continua a crescere il mercato dei biosimilari. Infatti, si legge nel Rapporto, più della metà della spesa (65,9%) e i quattro quinti dei consumi di farmaci erogati dall’assistenza convenzionata (82,7%) sono stati rappresentati lo scorso anno da prodotti con brevetto già scaduto, i cosiddetti off patent, con un sensibile aumento del risparmio per il SSN.
«Si tratta di farmaci che per motivi tecnici, ad esempio l’utilizzo di linee cellulari, non sono identici al farmaco originatore, a differenza dei farmaci sintetici o equivalenti. Nondimeno, questi vengono valutati utilizzando analisi approfondite e rigorose del potenziale biosimilare rispetto all’originatore biologico per confermare la struttura, funzione ed efficacia clinica simili, nonché la sicurezza – puntualizza il professor Bruno Laganà –. La loro commercializzazione è di notevole interesse per il costo inferiore, il potenziale risparmio delle risorse sanitarie del SSN e il conseguente maggiore e più rapido accesso alle terapie per i pazienti. Dal punto di vista clinico, è importante capire quando e come in un paziente con malattie croniche infiammatorie reumatiche o gastroenterologiche, si possa sospendere il farmaco biologico, sia esso originatore o biosimilare, mantenendo solo la terapia convenzionale, molto più sostenibile dal punto di vista economico. Negli anni passati il concetto di riduzione o sospensione del farmaco biologico non era contemplato e veniva anche considerato pericoloso per una sicura ripresa dell’attività di malattia. Oggi, questo concetto è stato negli anni riveduto e corretto».
«Senza entrare nel merito del potenziale immunogenico, è condivisibile che l’utilizzo del biosimilare, a parità di efficacia e sicurezza, sia etico per la responsabilità che ogni medico prescrittore ha nel garantire il più appropriato utilizzo delle risorse economiche del territorio. Ma questa considerazione, ovvia per la scelta del farmaco in chi inizia un trattamento del genere, diventa meno ovvia quando al paziente già in trattamento con il farmaco originatore venga sostituito il farmaco in corso con un suo biosimilare. E che questo, in un prossimo futuro, possa essere cambiato più volte non per motivi medici ma economici – prosegue il presidente Laganà – E’ necessario informare il paziente sul perché dell’intercambiabilità e sulla definizione del concetto di biosimilarità, ed è necessario che le informazioni siano adeguate e che ci sia tracciabilità della suddetta informazione. E’ infine auspicabile che il risparmio delle risorse economiche derivato dall’utilizzo dei biosimilari venga effettivamente reinvestito per aumentare il numero di pazienti da poter trattare».