Nel Regno Unito 4 donne su 5 fanno un gran fatica a lavorare quando hanno il ciclo mestruale e solo poco più della metà ha affermato di non essere stata abbastanza bene per andare al lavoro. Questi sono i risultati di una ricerca britannica, che non stupiscono la ginecologa Giuseppina Picconeri: “La vita fisiologica di una donna in età fertile è spesso fonte di grandi pregiudizi”
Nel Regno Unito 4 donne su 5 fanno un gran fatica a lavorare quando hanno il ciclo mestruale e solo poco più della metà ha affermato di non essere stata abbastanza bene per andare al lavoro. Tuttavia, circa il 50% ha affermato di non aver mai spiegato al proprio capo la reale causa dell’assenza per malattia. È quanto emerso da uno studio condotto dal Chartered Institute of Personnel and Development, che ha intervistato oltre 2.000 donne. I risultati hanno rilevato che i sintomi più comuni sono crampi addominali, irritabilità, stanchezza e gonfiore. I ricercatori hanno riscontrato che circa 6 donne su 10 hanno difficoltà a concentrarsi e la metà è più stressata. Inoltre, circa la metà ha dichiarato di sentirsi meno paziente con i colleghi o i clienti durante il ciclo mestruale. Alla domanda sul perché non fossero state sincere con i loro capi riguardo ai sintomi delle mestruazioni, il 45% delle donne ha risposto che pensavano che il problema sarebbe stato banalizzato e il 43% ha detto di sentirsi troppo imbarazzata.
Il CIPD, l’ente professionale britannico per le risorse umane e lo sviluppo delle persone, ha esortato i luoghi di lavoro a formare i dirigenti e ad affrontare lo stigma che circonda le mestruazioni. Solo una donna su 1′ ha dichiarato che la propria organizzazione fornisce assistenza per le mestruazioni e le condizioni di salute mestruale. “Il nostro ultimo rapporto su mestruazioni e lavoro sottolinea la necessità di un ambiente lavorativo più empatico e comprensivo”, commenta Claire McCartney, consulente senior per le politiche del CIPD. “Le mestruazioni sono una parte naturale della vita di molte dipendenti e non dovrebbero essere un ostacolo al successo o al benessere. I datori di lavoro – continua – possono migliorare notevolmente la vita lavorativa delle dipendenti che soffrono di sintomi mestruali creando ambienti di lavoro inclusivi e di supporto e formando i dirigenti affinché comprendano meglio l’impatto che può avere”.
“A volte le donne che si assentano dal lavoro a causa di fastidi legati alle mestruazioni – commenta la ginecologa Maria Giuseppina Picconeri, membro del consiglio direttivo della SIRU – evitano di giustificare il disagio che avvertono e forniscono altre motivazioni; questo perché molto spesso c’è una sorta di preconcetto legato al periodo mestruale, che viene associato a una particolare condizione isterica o comunque a un’alterazione dell’emotività”. E aggiunge: “Le donne, quindi, non vogliono probabilmente avvalorare questa credenza ed omettono eventuali problemi legati al periodo mestruale”.
“Nella maggior parte dei casi il periodo mestruale non comporta particolari alterazioni sia dal punto di vista fisico che emotivo”, specifica Picconeri. “Ma quando questo stato di alterazione si verifica può generare preconcetti e giudizi all’interno dell’ambiente lavorativo. Il dato secondo cui 6 donne su 10 – prosegue – decidano di non giustificare le assenze lavorative dovute al ciclo mestruale è sicuramente dettato dal fatto che la vita fisiologica di una donna in età fertile è spesso fonte di grandi pregiudizi. In genere si tende ad associare un determinato atteggiamento femminile con le mestruazioni, così che ciò che la donna dice in quel momento possa essere supportato da una situazione alterata dell’attività ormonale e quindi sminuito”, prosegue la ginecologa. “I posti di lavoro dovrebbero essere più inclusivi e, quando c’è un bisogno reale, come in alcuni casi in cui vi sono delle alterazioni o delle patologie che possono comportare dolore e inficiare l’attività di una donna durante il ciclo mestruale, è necessario che le aziende adottino l’adeguata attenzione e disponibilità, come viene fatto per tutte le altre patologie”, conclude.