La Società Italiana di Cardiologia conferma: relazione pericolosa tra bassa temperatura e sforzo fisico, che fa salire al 34% il pericolo di infarto in pazienti ad alto rischio cardiovascolare. Indolfi (Sic): «questo vale per i soggetti che non sono in salute e che presentano fattori di rischio cardiovascolare»
Il freddo può mandare il tilt il cuore nei soggetti ad alto rischio cardiovascolare, specialmente se associato a sforzo fisico. Lo conferma la Società Italiana di Cardiologia, invitando i pazienti a rischio a non impegnarsi in attività pesanti all’aperto quando le temperature sono particolarmente basse.
«Il meccanismo responsabile dell’aumento del rischio di attacco cardiaco dopo un’esposizione al freddo intenso è legato a molti fattori, tra cui il più importante è l’effetto di vasocostrizione indotto dalle basse temperature – spiega Ciro Indolfi, Presidente eletto Sic – il restringimento dei vasi sanguigni infatti potrebbe indurre una rottura della placca coronarica e provocare la formazione di un trombo. Se poi si aggiunge la fatica fisica, che aumenta molto la pressione arteriosa e fa salire il battito cardiaco oltre il 75% della frequenza cardiaca massima, il pericolo cresce ancora. Tutto questo è vero soprattutto in pazienti che non sono in perfette condizioni di salute o hanno numerosi fattori di rischio cardiovascolare, per esempio colesterolo alto, ipertensione e pregressi infarti. Questo non si applica a quei soggetti che non sono a rischio cardiovascolare».
È importante dunque che il cardiologo ‘aggiusti’ la terapia anticoagulante e si riduca l’esposizione al freddo attraverso abbigliamento e riscaldamento adeguati. L’eventualità di un infarto è consistente specialmente se si sceglie di fare attività fisica al mattino, tra le 6 e le 10, quando la probabilità di eventi cardiovascolari è massima nell’arco delle 24 ore.
«Non bisogna poi dimenticare – ha aggiunto il professor Indolfi – che anche le infezioni respiratorie, frequenti in inverno, possono contribuire ad aumentare il rischio di infarto: nei giorni successivi a tosse, raffreddore, o influenza, la probabilità di un attacco di cuore può aumentare fino a sei volte, soprattutto nei pazienti più fragili».