Nel mondo le malattie cardiovascolari provocano circa 17,9 milioni di morti ogni anno, pari al 31% di tutti i decessi, principalmente per infarto e ictus
Le malattie cardiovascolari rappresentano la principale causa di morte in tutto il mondo nell’uomo e nella donna: si stima infatti che esse provochino circa 17,9 milioni di morti ogni anno, pari al 31% di tutti i decessi, principalmente per infarto e ictus (Ministero della Salute). Il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza ipotizza come ambizione centrale della Missione Salute la realizzazione di una “sanità di prossimità” e di una intensificazione della integrazione ospedale-territorio attraverso l’impiego diffuso di digital health, affinché la casa diventi “primo luogo di cura e telemedicina”.
Per realizzare questi obiettivi, un Advisory Board, composto da Stakeholder Istituzionali nell’ambito della presa in carico dei pazienti cardiovascolari cronici, ha identificato nuovi percorsi diagnostico-terapeutici-assistenziali e modelli innovativi di presa in carico e gestione dei pazienti a rischio cardiovascolare, attraverso l’adozione di sistemi di cardiologia digitale, promuovendo l’attivazione del Value Based Healthcare Ecosystem (VBHE) in Cardiovascular Risk Patient Management, un ecosistema che realizzi tali percorsi attraverso l’azione integrata, in più fasi, di diverse organizzazioni sanitarie innovative, con il coordinamento scientifico della Rete Cardiologica degli IRCCS: la Fondazione Innovazione e Sicurezza in Sanità, Fimmg e Federfarma, Gruppo Multimedica, Allianz Care e ItaliAssistenza; e Daiichi Sankyo Italia come capofila di diverse aziende farmaceutiche e biomedicali.
«L’emergenza da Covid-19 ha messo a dura prova i sistemi sanitari di tutto il mondo ed evidenziato il bisogno di ripensare i paradigmi alla base della gestione sanitaria. In Italia, da anni si discute dell’insufficiente presa in carico dei malati cronici e vulnerabili come inaccettabile e grave carenza dei sistemi sanitari pubblici nonché uno spreco di risorse economiche, e il PNRR ha ripreso con forza questa tematica concentrandosi su una presa in carico in prossimità, al fine rispondere alle esigenze di salute di tutti i cittadini, con un focus sul tema della sanità digitale che permette la condivisione dei dati sanitari e la conseguente stratificazione del rischio e vulnerabilità della popolazione, per una valutazione sistemica epidemiologica e un miglioramento continuo», spiega Enrico Desideri, Presidente della Fondazione Innovazione e Sicurezza in Sanità, e uno dei coordinatori dell’Advisory Board. «E dopo l’esperienza della pandemia – continua – è ormai ineludibile la necessità di una Value Based Healthcare, ovvero una Sanità basata sul Valore, in grado di mettere al centro i bisogni di assistenza sanitaria delle persone. Con la collaborazione di diversi partner pubblici e privati ci stiamo impegnando affinché anche nel nostro Paese si faccia questo balzo in avanti, partendo da un progetto pilota strutturato che poi possa essere esteso a tutto il territorio nazionale».
L’Advisory Board ha finalizzato le sue raccomandazioni anche sulla base delle indicazioni emerse da due ricerche. Le analisi mostrano come sia fondamentale il conseguimento di una maggiore integrazione tra medici specialisti, MMG e farmacie, attraverso il ripensamento dei percorsi diagnostico-terapeutici-assistenziali secondo logiche di population health management e con l’impegno e implementazione di sistemi di telemedicina.
La prima è una analisi retrospettiva realizzata da CliCon presso un campione di assistibili corrispondenti al 10% della popolazione nazionale da cui emerge che il 49% dei pazienti in trattamento ipolipemizzante non risulta controllato. Tale percentuale di non controllo sale ad oltre l’80% nei pazienti a rischio alto o molto alto. Il mancato raggiungimento dei target lipidici ha determinato un costo assistenziale annuo complessivo significativamente superiore a quello dei pazienti controllati (€4.200 vs €2.900) e progressivamente maggiore all’aumentare della distanza dal target lipidico (poco oltre €3.000 nei pazienti prossimi al target vs quasi €5.000 nei pazienti oltre il 50% dal target lipidico).
La componente prevalente di tale costo assistenziale è quella per le ospedalizzazioni per motivi cardiovascolari (circa il 60%), la cui incidenza appare correlata alla distanza dal target lipidico. Tali evidenze richiamano l’urgenza di aumentare il grado di controllo dell’assetto lipidico che, in funzione della distanza dal target, può essere migliorato mediante una maggiore aderenza al trattamento, una terapia di combinazione tra sostanze ipolipemizzanti o, in ultima istanza, il ricorso alle terapie più recenti.
La seconda è un sondaggio condotto da Deloitte, per Daiichi Sankyo Italia, su 350 medici specialisti con l’obiettivo di indagare le principali criticità riscontrate durante la fase di emergenza Covid-19 e le possibili soluzioni da implementare nel futuro, con un focus sul paziente cardio-metabolico complesso.
Il 94% dei partecipanti alla survey ha evidenziato la necessità di una riorganizzazione delle attività ospedaliere e territoriali per una più appropriata presa in carico del paziente, focalizzando l’attenzione degli ospedali sulla gestione del caso acuto o dei casi di superiore complessità/gravità e affidando al territorio la gestione dei casi di complessità minore (modalità prioritaria per il 35% del campione). A questo si aggiunge l’implementazione di percorsi clinico assistenziali integrati e condivisi ospedale-territorio che favoriscano una efficace integrazione multi-professionale tra la medicina generale e la medicina specialistica, da realizzare soprattutto attraverso l’implementazione di sistemi di sanità digitale, teleconsulto e telemedicina (secondo circa l’80% dei rispondenti), e l’adozione di un approccio multidisciplinare nella gestione della cronicità.
Nello specifico, il Medico di Medicina Generale dovrà assumere un ruolo sempre più centrale nel monitoraggio dell’aderenza terapeutica del paziente (per l’82% degli intervistati) e nella qualificazione del relativo stato patologico (per il 69% degli intervistati).Tra le opportunità offerte dalle nuove tecnologie (Intelligenza Artificiale, Medicina di connessione, Weareable) e strumenti innovativi (Chatbot, App, piattaforme digitali, etc.) nella pratica clinica quotidiana, circa il 50% dei rispondenti a livello nazionale li considera strumenti validi lungo il percorso di cura del paziente, dalla valutazione terapeutica al follow up, con percentuali variabili dal 41% del Nord al 55% dei rispondenti del Sud. Infine, secondo il 50% degli intervistati, è necessario potenziare i servizi di sanità digitale esistenti, investendo nell’acquisizione delle opportune competenze e risorse per la gestione del paziente da remoto, avviando gli appropriati percorsi di formazione dedicati al personale sanitario.
«Il progetto Value Based Healthcare riconosce la necessità impellente di garantire ai pazienti cronici cardiovascolari il controllo e supporto che meritano. Sappiamo che questi pazienti ricavano un beneficio molto tangibile dall’impiego di farmaci specifici come antipertensivi e ipolipemizzanti. Purtroppo, sappiamo anche che metà dei pazienti a cui viene prescritto un antipertensivo, non lo assume più a sei mesi di distanza dalla prescrizione, e ciò determina la perdita della protezione dal rischio di eventi cardiovascolari per i pazienti, e contemporaneamente per il SSN uno spreco ingente di risorse». Così l’altro coordinatore dell’Advisory Board che ha promosso il VBHE, Gianfranco Gensini, direttore scientifico dell’IRCCS Multimedica di Milano. Che continua: «Il digitale rappresenta oggi uno strumento importante, ma si deve estendere ad un ripensamento dei meccanismi di gestione del paziente, di relazione tra mmg e paziente, specialista e ospedale, che consenta di avere il massimo di efficienza. Nei grandi IRCCS, in particolare i tre a vocazione cardiovascolare, il Monzino, il Multimedica e il San Donato Milanese, l’uso del digitale è già avanzato Questi IRCCS attraverso le loro competenze cliniche daranno il via all’innovazione».
Fine del Value Based Healthcare Ecosystem in Cardiovascular Risk Patient Management è di identificare, sperimentare e attivare modelli innovativi di presa in carico e gestione dei pazienti a rischio cardiovascolare che, attraverso un impiego diffuso della Digital Health e una maggiore integrazione ospedale-territorio-domicilio, porti a conseguire una drastica riduzione del rischio cardiovascolare e degli eventi avversi, perseguendo una maggiore appropriatezza nel trattamento, maggiore aderenza alla terapia e una più efficace prevenzione primaria.
Qualora tale modello si riveli efficace secondo le attese, sulla base di quanto emergerà dal progetto pilota, potrà poi divenire un riferimento organizzativo e operativo più ampio: estendendolo ad altri IRCCS e altri ospedali, nonché a diversi ambiti territoriali, sviluppando contemporaneamente la professionalità di tutti i clinici coinvolti certificandone le competenze in cardiologia digitale, conseguendo un più forte presidio della continuità terapeutica dei pazienti, attraverso il rafforzamento dell’integrazione multiprofessionale e tecnologica tra ospedale, medici di medicina generale e farmacie, ridefinendo i carichi di lavoro tra gli stessi in funzione della stratificazione del rischio dei pazienti, sviluppando così la loro capacità di creare valore, accedendo più facilmente ai sistemi di remunerazione previsti da payor pubblici e privati. Tutto ciò si tradurrebbe non solo in maggiore salute e qualità di vita per le persone, ma anche in una riduzione dei costi sanitari per il SSN.
«L’Italia è il secondo Paese più longevo al mondo dopo il Giappone, ma registra purtroppo anche un alto impatto delle patologie cardiovascolari. Finalmente è ormai evidente a tutti che per i pazienti cronici a rischio cardiovascolare non è più sufficiente lo sviluppo di terapie e la somministrazione del trattamento, ma occorre impegnarsi nell’aderenza alla terapia, nella prevenzione primaria e secondaria e nel monitoraggio dei pazienti affinché non si arrivi alla loro ospedalizzazione o ad eventi fatali. La pandemia ci ha anche indicato chiaramente la strada della digital health e della sanità di prossimità – commenta Massimo Grandi, Presidente e Amministratore Delegato di Daiichi Sankyo Italia –, percorrerla è possibile ma occorre lo sforzo e l’impegno di tutto il sistema, la sinergia tra istituzioni e industria, e unire le forze, i know how e le risorse finanziare per fare realmente la differenza e arrivare ad un cambio di paradigma. Per questa ragione Daiichi Sankyo è felice di contribuire attivamente alla creazione di questo ecosistema di Value Based Healthcare e si impegnerà a lungo termine per far sì che funzioni e dia i frutti sperati, perché per noi il paziente è e resterà sempre il centro di tutto».
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