«È una vera emergenza – spiega il Senatore M5S – in ballo c’è la visione di società. Persone che si rivolgono ai SerD sono solo una piccola parte di chi ha il problema». E propone di abbandonare il sistema concessorio
Su ludopatia e gioco d’azzardo il Governo sembra fare sul serio. Nel Decreto dignità approvato dal Consiglio dei Ministri è entrato il provvedimento sullo stop alla pubblicità del gioco d’azzardo con multe anche salate a carico di chi infrange le nuove norme. L’obiettivo è quello di un più efficace contrasto alla ludopatia sul modello del contrasto al tabacco. L’azzardo, dunque, non potrà più essere sponsorizzato in alcun modo, dalle magliette delle squadre di serie A fino ai giornali o alle riviste specializzate. Addio dunque ai testimonial vip che negli ultimi anni hanno invaso televisioni e cartelloni pubblicitari strizzando l’occhio a scommesse o videolottery. Un provvedimento contestato dall’intero settore dei giochi, ma che trova il plauso, tra gli altri, della Conferenza Episcopale italiana che l’ha definito «un segnale di civiltà» e del Presidente dell’Assocalciatori Damiano Tommasi. «È un intervento che riduce la domanda di azzardo o quantomeno evita di incentivarla – spiega a Sanità Informazione il senatore M5S Giovanni Endrizzi, membro della Commissione Sanità del Senato ed educatore professionale nel campo delle dipendenze patologiche – ora bisogna andare avanti introducendo strumenti di monitoraggio come il tesserino del giocatore».
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Senatore, uno dei primi provvedimenti del governo è la misura sulla lotta al gioco d’azzardo e in particolare sulla pubblicità. Lei si è occupato molto di questi temi. È molto significativo che il governo Conte parta proprio da questo tema…
«Qui è in ballo la visione che abbiamo di società. Il problema è gravissimo, servono misure urgenti. La più immediata è togliere la continua stimolazione dei giovani, soprattutto rispetto alle prospettive magiche di una vincita e di una svolta nella vita che deriva non dall’impegno ma da un jackpot. Questa è una emergenza. Una recente ricerca della Caritas diocesana di Roma mette in evidenza come il 75% dei ragazzi tra i 13 e i 17 anni (sappiamo che ai minori è vietato il gioco d’azzardo) dice conosce perfettamente il poker online e si arriva poi al 95% di ragazzi che conosce il gratta e vinci. Un ragazzo su due in questa fascia di età ha già iniziato ad azzardare e uno su tre nasconde ai genitori il fatto che lo fa o le somme effettivamente perse. Un ragazzo su cinque ha impatti negativi sulla resa scolastica. Si tratta soprattutto di una emergenza pedagogica. Quindi i messaggi pubblicitari che impattano sull’immaginario collettivo devono essere aboliti».
Dopo la lotta alla pubblicità quali potrebbero essere i provvedimenti per contrastare il gioco d’azzardo?
«Questo è un intervento che riduce la domanda di azzardo o quantomeno evita di incentivarla. A suo tempo quando si adottò la stessa misura per le sigarette nell’iter parlamentare fu messo in evidenza che non c’era impatto per le finanze. Si può fare a costo zero. Successivamente dobbiamo avviare campagne di informazione, dobbiamo sensibilizzare i ragazzi che la loro vita deve dipendere dalle loro qualità, dai loro talenti. Dopo gli interventi sulla domanda dobbiamo cominciare a sviluppare strumenti di controllo, strumenti di monitoraggio come può essere l’adozione di un tesserino del giocatore, un tesserino con microchip e la fotografia che lo renda non cedibile. In questo microchip è possibile inserire dei limiti di spesa o di tempo passato davanti alle macchinette. Per cui le persone vengono automaticamente aiutate a controllare l’impoverimento anche da un punto di vista psicologico. Una ricerca di qualche anno fa della Consulta nazionale antiusura metteva in evidenza come si potessero stimare l’equivalente di 70 milioni di giornate lavorative passate dedicate all’azzardo in Italia e dunque è un impoverimento complessivo della persona e della famiglia. Oltre al controllo e a porre dei limiti all’impoverimento, il tesserino consente di limitare i flussi e dà ai magistrati che eventualmente indagassero dei dati importantissimi. E infine è una misura di prevenzione per quanto riguarda l’uso o meglio il consumo illegale da parte dei minorenni. Ci sono poi altre misure da sviluppare per rafforzare la capacità di controllo da parte delle forze dell’ordine su questo mercato che è largamente invaso dal malaffare, dalle mafie, da situazioni criminali e non mi riferisco solo alle bische clandestine, mi riferisco al fatto che ormai le mafie hanno penetrato il mercato legale, segno che questo è diventato solo una foglia di fico. Il teorema dei governi che ci hanno preceduto per i quali l’esplosione del mercato legale doveva frenare le mafie è palesemente smentito dalla relazione della Commissione parlamentare antimafia che ha detto che anzi è aumentato il traffico d’affari: sia perché si crea una domanda, gli italiani vengono educati a puntare sulla sorte e parte di questi soldi finiscono poi anche nei circuiti illegali ma anche e soprattutto perché le mafie attraverso un sistema di prestanomi e il lato oscuro della finanza internazionale riescono a intervenire e ad avere dall’azzardo larghi proventi. Noi dobbiamo sviluppare le capacità di contrasto sia per quanto riguardo le reti fisiche e l’offerta d’azzardo distribuita sul territorio sia per quanto riguarda l’online che è la grande frontiera per una nazione come l’Italia che vuole difendere dei valori costituzionali chiari: la tutela della persona, della famiglia, del risparmio, della salute e che subordina questa tutela alla libertà d’impresa e soccombe quando la libertà di impresa confligge con la tutela della persona. Noi dobbiamo avere strumenti di polizia postale, delle forze dell’ordine, della magistratura in grado di svolgere questa funzione. Abbiamo già previsto delle misure restrittive, perché abbiamo avuto dal 1993 una progressione spaventosa di questo mercato che è cresciuto più di quanto sia cresciuta l’economia cinese in questi anni mentre noi avevamo anche recessione. Ecco perché il danno è anche economico».
Il decreto dignità è dunque solo il primo passo alla lotta alle ludopatie?
«Vorrei che si allargasse l’attenzione e che non si pensasse che il problema nasce solo quando c’è la malattia. Il problema c’è quando la famiglia si impoverisce, il problema c’è quando 20 miliardi vengono sottratti all’economia dei nostri piccoli imprenditori, artigiani, commercianti per cui tante famiglie non fanno più la ristrutturazione della casa, l’acquisto di un mobile, la manutenzione dell’auto, l’acquisto di beni anche per i figli perché il bilancio è divorato in tutto o in parte da questa moda amplificata anche dalla pubblicità. Questo è già un danno: è un danno quando i proventi delle mafie che sono stimati in decine di miliardi vanno ad inquinare il tessuto economico. Per cui dobbiamo pensare che il problema è molto più ampio e va oltre la malattia stessa. Le persone che si rivolgono ai SerD per essere curate sono una piccola parte di quelle che si rendono di avere il problema. Dobbiamo pensare ad una industria che fino a poco tempo fa il nostro sistema giuridico considerava eticamente disdicevole e da frenare. Ecco sul lungo periodo lo Stato dovrebbe riacquisire il controllo di questo mercato, abbandonare il sistema concessorio proprio per recuperare l’obiettivo di frenare il fenomeno».