Il racconto di Dalila: «Ho ricevuto una diagnosi di tumore al seno a 26 anni. Mi è stata donata una protesi personalizzata realizzata con capelli umani ancor prima di cominciare le cure. È stata il mio scudo: ho evitato di essere guardata con compassione e non ho mai smesso di sentirmi donna»
«Li vede questi capelli? Sono il mio scudo». Dalila, 27 anni, mentre racconta la sua battaglia contro il cancro, si tocca orgogliosa il suo taglio a caschetto castano chiaro. Anche se quei capelli non sono i suoi. Le sono stati donati grazie al progetto Onco Hair. «È stato il regalo più bello che potessi ricevere – racconta la giovane -. Indossando questa protesi ancor prima di cominciare le cure ho affrontato il mio percorso e gli sguardi altrui a testa alta. Quando si incontra una persona senza capelli, soprattutto se giovane come me, il primo pensiero è che abbia un tumore. Ecco, grazie a questi capelli – dice toccandoseli ancora una volta – ho evitato di essere guardata con compassione. Ho potuto scegliere a chi e quando raccontare la mia storia».
La calvizie indotta da chemioterapia è lo stigma sociale più riconoscibile del tumore: il 47% delle donne lo considera l’aspetto più traumatico dell’intero percorso di cure, tanto che 8 pazienti su 10 vorrebbe addirittura rifiutare i trattamenti proprio per evitare questa perdita. La protesi indossata da Dalila è altamente personalizzata, realizzata all’interno dei laboratori Crlab di Zola Predosa, creata con capelli umani non trattati, inseriti uno alla volta in una sottile membrana polimerica biocompatibile. «Chi la indossa – assicura Dalila – può condurre una vita assolutamente normale. Diventa parte integrante del tuo corpo: non la togli di notte, ci puoi andare al mare, nuotare, fare acconciature di ogni tipo. Proprio come se si trattasse di capelli naturali».
Dalila ha indossato la sua parrucca speciale poco dopo aver ricevuto la sua terribile diagnosi, prima che i suoi capelli cominciassero a cadere. «Non ho mai visto la mia immagine senza capelli riflessa allo specchio, né ho dovuto raccogliere ciocche di capelli accumulate sul cuscino durante la notte. È stato un sollievo enorme – dice Dalila – perché più che delle cure, avevo paura di affrontare le rinunce che queste avrebbero comportato». Dalila è una social media manager e, impegnata a presenziare a numerosi eventi, temeva di non poter più lavorare a contatto con il pubblico. «E invece no – dice la giovane -. Mentre lottavo contro il cancro non ho dovuto rinunciare alla mia vita, né a quella privata, né a quella professionale». L’impatto positivo nelle pazienti che hanno utilizzato questo dispositivo e non la parrucca tradizionale, oltre che dalle parole di Dalila, è stato confermato da uno studio pilota, realizzato da Salute Donna Onlus e condotto presso l’Istituto Nazionale Tumori di Milano: le donne che hanno ricevuto lo stesso dono di Dalila hanno migliorato di 10 punti la valutazione della propria immagine corporea (calcolata sulla scala BIS che va da 0 a 30).
Dalila ha vinto la sua battaglia contro il cancro al seno, lo ha fatto sottoponendosi ad un intervento chirurgico, a chemio e radio terapia, ma anche guardandosi allo specchio, vedendo l’immagine di una donna forte che è riuscita a non perdere la sua femminilità nemmeno nei momenti più ardui. «Di periodi difficili ce ne sono stati parecchi – dice -. Le prime chemioterapie sono state dure da affrontare perché il mio corpo era non era abituato, durante le ultime, invece, ero ormai troppo stanca e stentavo a reggerle. Poi, è arrivato il giorno più bello di tutti: i medici mi hanno comunicato che il tumore era sparito dal mio corpo. Mi sono sentita “pulita”».
Ed oggi, in occasione della giornata mondiale contro il cancro, Dalila, da vincitrice, lancia il suo messaggio alle donne e gli uomini che, come lei, hanno ricevuto una diagnosi di tumore: «Non mollate, mai. Ricordatevi che la riuscita di ogni trattamento dipenderà anche dalla vostra determinazione, dalla vostra voglia di vivere. La nostra vita non è solo nelle mani dei medici che si prendono cura di noi, ma anche nostre. Più di quanto possiate immaginare».
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