Il presidente Anffas: «Il Comune, d’intesa con la A.S.L, deve predisporre il programma individuale, indicando i vari interventi sanitari, sociali e assistenziali necessari, in sinergia con la famiglia della persona disabile»
«Dalla disabilità non si guarisce. Ma da disabili si può vivere e non, semplicemente, sopravvivere». L’appello di Roberto Speziale, presidente dell’Associazione nazionale famiglie di persone con disabilità intellettiva e/
«Questa legge – spiega il presidente Anffas – prevede che, per ottenere in pieno l’integrazione scolastica, lavorativa, sociale e familiare della persona con disabilità, si predisponga un progetto individuale per ogni singola persona con disabilità fisica, psichica e/o sensoriale. Ogni persona ha diritto ad avere un progetto individuale personalizzato, che rispetti le esigenze personali: offrire risposte standardizzate significherebbe privare di dignità la vita di una persona disabile».
Questo progetto prevede la creazione di percorsi personalizzati che diano diritto alla vita indipendente e all’inclusione nella comunità per tutte le persone con disabilità, così come previsto anche dall’art. 19 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. «Un’inclusione che può essere pienamente realizzata attraverso il modello biopsicosociale – sottolinea Speziali – che valuta non solo la persona, ma anche il contesto in cui vive e il modo in cui interagisce con esso. È necessario guardare alla disabilità in modo innovato, dicendo no alla sanitarizzazione o al mero assistenzialismo, sì ad una visione olistica».
È il Comune, d’intesa con la A.S.L, a dover predisporre questo progetto individuale, indicando i vari interventi sanitari, socio-sanitari e socio-assistenziali necessari e le modalità con cui attuarli. «Successivamente – continua il presidente Anffas – una persona addetta dovrà controllare che tale progetto venga concretamente realizzato. Non possono essere poste limitazioni economiche. La mancata attuazione degli interventi previsti è oggetto di responsabilità sia civile che penale. Quando il progetto sarà redatto, la famiglia avrà diritto a riceverne una bozza, che dovrebbe essere garanzia di realizzazione dello stesso. Utilizzare il condizionale – sottolinea Speziali – è d’obbligo, considerando quanto è stato lungo il percorso che oggi ci ha portato fin qui».
«La legge 328 è stata redatta nel 2000 – racconta Speziali – anno in cui Livia Turco, donna di una sensibilità rara per i temi legati alla disabilità, era ministro della Sanità. Subito dopo, però, fu modificato il titolo V della Costituzione, che sancì la delocalizzazione della gestione della sanità. Affinché tutte le regioni riconoscessero l’applicabilità di questa legge, poi, ci sono voluti 10 anni. Dal 2010, dunque, la 38 del 2000 ha cominciato ad essere rispettata in diversi contesti, ma affinché fosse applicato anche l’articolo 14, quello sul progetto individuale di vita, c’è voluto un ulteriore decennio».
Negli ultimi 4 anni l’Anffas ha formato oltre 700 professionisti che operano sia nel pubblico che nel privato, tutti esperti in materia di progettazione individuale per la vita delle persone con disabilità. «È innegabile: un ritardo c’è stato – dice Speziali -. Ma ora che abbiamo tutte le carte in regola è inutile lamentarsi su ciò che avremmo potuto ottenere. Le famiglie sono l’unico motore che può avviare il rispetto di questi diritti fondamentali: devono concentrare le proprie energie verso un atteggiamento propositivo e non critico. È il momento di agire – conclude il presidente -, di concretizzare una volta per tutte lo slogan che l’Anffas ha coniato fin dal 1958: “La persona al centro”».
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