Si celebra il 12 ottobre ed è stata annunciata da PNH Global Alliance, l’organizzazione volta a migliorare la vita dei pazienti con questa malattia in tutto il mondo: è un’iniziativa che riporta l’attenzione su questa patologia del sangue rara, debilitante e cronica, diagnosticata spesso tra i 30 e i 40 anni d’età, che colpisce una persona su un milione di abitanti in Italia
Per la prima volta quest’anno, il 12 ottobre, sarà celebrata la Giornata di Sensibilizzazione sull’emoglobinuria parossistica notturna (EPN). Annunciata dalla PNH Global Alliance, l’organizzazione volta a migliorare la vita dei pazienti con questa malattia in tutto il mondo, è un’iniziativa che riporta l’attenzione su questa patologia del sangue rara, debilitante e cronica, diagnosticata spesso tra i 30 e i 40 anni d’età, che colpisce una persona su un milione di abitanti in Italia.
“L’Emoglobinuria Parossistica Notturna – spiega la dottoressa Anna Paola Iori, dirigente medico di ematologia presso il Policlinico Umberto I di Roma – è una malattia rara che si caratterizza per un’anemia dovuta ad una rottura del globulo rosso nel circolo ematico in quanto globulo rosso difettoso. A questo primo sintomo e segno della malattia si possono associare una riduzione dei valori dell’emocromo, quindi anche quelli dei globuli bianchi e delle piastrine e un aumentato rischio trombotico. La sua incidenza è un caso su un milione di abitanti e l’età durante la quale maggiormente si può presentare tra i 30 e i 45 anni”.
Questa Giornata di sensibilizzazione sull’Emoglobinuria Parossistica Notturna “è importante in quanto si tratta di una patologia rara che pochi medici o pochi specialisti conoscono. Poiché è una patologia di territorio, in quanto gestita per tutta la vita di questi pazienti sul territorio, è bene che ci sia una sensibilizzazione in modo tale che venga estesa di più possibile la conoscenza dell’esistenza di questi pazienti che hanno particolari esigenze assistenziali”, dice il dottor Corrado Girmenia, responsabile del Pronto Soccorso Ematologico del Policlinico Umberto I di Roma.
Nonostante la sua gestione sia drasticamente cambiata negli ultimi 15 anni, diversi sono i bisogni clinici non ancora soddisfatti. Tra questi “sicuramente la dipendenza che ancora ha il paziente con l’ospedale a causa dei metodi di somministrazione del farmaco. Inoltre, la necessità di migliorare sempre più la risposta in termini di incremento dei valori dell’emoglobina per ridurre il più possibile la fatigue, il senso di stanchezza che i pazienti presentano. Ancora, i rischi di trombosi che possono essere anche particolarmente gravi se avvengono in alcuni siti particolari e delicati l’organismo” aggiunge la dottoressa Iori.
Di che cosa ha, dunque, bisogno una persona con questa malattia? “Questi pazienti hanno bisogno di assistenza continua e, soprattutto, trattandosi di persone che vivono nelle proprie case, è bene che il territorio conosca le loro esigenze. Da qui l’importanza di un’interfaccia con il territorio – aggiunge il dottor Girmenia -. Qui ci troviamo nel Pronto Soccorso Ematologico del Policlinico Umberto I che è l’unico Pronto Soccorso dedicato ai pazienti con malattie del sangue in Italia, probabilmente anche in Europa e che nasce proprio da un’esigenza voluta, ormai da tanti anni, di avere un’interfaccia continua con il territorio”.
Con gli standard di cura attuali, una percentuale non trascurabile di pazienti rimane anemica, dipendente dalle trasfusioni e continua a manifestare stanchezza cronica, oltre a doversi recare in ospedale per ricevere le terapie. Per questo la ricerca medica continua a occuparsi dell’emoglobinuria parossistica notturna. Nuovi studi sono in corso e potrebbero portare a nuovi farmaci che permettono un migliore controllo dei sintomi e una normalizzazione dei livelli dell’emoglobina. “Sono moltissimi gli studi in corso che vanno ad arricchire già tutto il patrimonio passato, in quanto l’obiettivo è quello di modificare e migliorare le metodiche di somministrazione del farmaco che andranno sempre di più a rendere autonomo il paziente dalla dipendenza dall’ospedale. Inoltre, hanno come obiettivo anche quello di migliorare la risposta in termini di livelli di emoglobina e di controllo in generale dell’emolisi che, a volte, si può scatenare in condizioni di infezione, di febbre o di altro, quindi rendere sempre migliori la qualità di vita del paziente.”, continua Iori
Un importante beneficio per la qualità della vita dei pazienti potrebbe essere anche rappresentato da nuovi modi di somministrazione, che consentiranno di gestire il trattamento in modo più agevole e indipendente a casa propria. “La raccomandazione per i il miglior controllo dei pazienti con questa patologia è essenzialmente un’adeguata istruzione del paziente e dei suoi familiari. Trattandosi di una malattia rara è impensabile che la comunità sanitaria conosca in maniera appropriata questi pazienti e questa patologia e tutto ciò che comporta le terapie che questi pazienti fanno. Quindi il paziente deve essere istruito dai propri ematologi per essere informato lui stesso e anche i familiari. È inoltre bene informare in maniera adeguata anche i sanitari con i quali il paziente eventualmente venga ad incontrarsi”, conclude il dottor Corrado Girmenia.
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